Lo sport faccia squadra per evitare errori di prospettiva
A pochi giorni dal vivere la nuova condizione di poter stare all’aperto senza mascherine, ma non senza prudenza, è naturale respirare aria di ottimismo e voglia di tornare alla normalità. Ma è chiaro, però, che questo concetto di “normalità” non ha lo stesso significato che aveva un paio di anni fa. Sarà una normalità diversa, fatta di maggiore consapevolezza che la nostra è un’esistenza tutto sommato fragile, in particolare se vissuta senza relazioni vere, senza solidarietà, senza la giusta attenzione ai bisogni educativi dei ragazzi e dei giovani, senza il rispetto dell’ambiente e tanto altro. Saremo diversi da prima e forse anche migliori, perché quanto è avvenuto ci ha fortemente spaventati. Finalmente però possiamo parlare di ripresa dell’attività sportiva: l’estate ha ridonato ai ragazzi il tempo fuori casa, il gioco, la gioia di stare insieme in allegria. Guardiamo già a settembre, il mese del ritorno in campo. Le società sportive non hanno mai smesso di prepararsi e sanno che il ritorno alla vita sui campi, sulle piste, in piscina, è questione di giorni. Ma noi, e parlo dei rappresentanti degli organismi sportivi a livello nazionale, saremo all’altezza dei moltissimi dirigenti di società sportive che ci hanno offerto in questa difficile situazione tanti esempi morali e di tenuta sociale? Non mi sento, ahimè, di essere davvero ottimista. Ho la sgradevole sensazione che le dirigenze ai massimi vertici, di Enti di promozione sportiva come delle Federazioni, del Coni, come di Sport e Salute stiano lavorando, con troppa applicazione, sul proprio interesse particolare. Così però si perde forza, e non si fa squadra: vale per la società civile, per il mondo del lavoro, per la scuola, per le famiglie. Bisogna cambiare percorso: senza perdere l’identità, perché ognuno deve fare la sua parte, ma si deve fare squadra, pensando sempre al fine più alto che è il bene comune. Dopo quanto accaduto il nodo più arduo è come mettere a disposizione dei cittadini gli strumenti necessari per servire la società. Se non lo facciamo in un clima di sincera collaborazione, tutti insieme concentrati sullo stesso obiettivo, la prima sconfitta sarà quella di giocare la partita, ognuno per sé. Per fortuna non ravviso ancora un clima di effettiva ostilità, dell’uno contro l’altro, ma non è sufficiente. Dal momento che si deve uscire da una enorme situazione di crisi, continuare a non collaborare gli uni con gli altri porterà ad una sconfitta generale con effetti che al momento non possiamo valutare, ma che certamente farà male a tutti. Dopo quello che abbiamo passato, evitiamoci almeno questi pericolosissimi errori di prospettiva.