6 ottobre 2011

«Che i diritti dei deboli non siano diritti deboli»

Le parole del cardinale Emerito Dionigi Tettamanzi prendono in contropiede tutta la società contemporanea. In un mondo dove tutti stanno dalla parte dei forti e dove “successo e primato” sembrano l’unico metro di giudizio, il predecessore del Cardinale Scola ci ricorda che è possibile ragionare e vivere secondo un’altra logica. Questo può e deve valere in ogni ambito della vita. Anche nello sport. Da sempre il Csi è abituato a “sporcarsi le mani” con i diritti dei deboli.

Le parole del cardinale Emerito Dionigi Tettamanzi prendono in contropiede tutta la società contemporanea. In un mondo dove tutti stanno dalla parte dei forti e dove “successo e primato” sembrano l’unico metro di giudizio, il predecessore del Cardinale Scola ci ricorda che è possibile ragionare e vivere secondo un’altra logica. Questo può e deve valere in ogni ambito della vita. Anche nello sport. Da sempre il Csi è abituato a “sporcarsi le mani” con i diritti dei deboli. Per le nostre società sportive accogliere quelli meno bravi, quelli che non saranno mai campioni, quelli che “rompono le scatole”, quelli che “non li vuole nessun altro” è assolutamente normale. Per noi è normale non solo accoglierli, ma soprattutto andarli a cercare. Sempre di più vogliamo società sportive “aperte al territorio”, capaci di diventare “segugi da tartufo” pronte a scovare e coinvolgere tutti quelli che, da soli, non verrebbero mai a giocare. Pensiamo ai ragazzi del muretto, a quelli che in Parrocchia da soli non verrebbero mai, a quelli che hanno alle spalle situazioni familiari pesanti, a quelli che hanno smesso di credere che ci siano adulti capaci di volergli bene… Tutto questo per noi è normale. Così come è normale “portare lo sport” nelle carceri, nelle comunità di recupero, tra i minori a rischio, tra i diversamente abili, nei paesi disastrati del mondo… e in ogni luogo “abitato” dai deboli. In questa direzione una sfida affascinante nasce dopo una “lunga e bella” chiacchierata con il presidente del Comitati Italiano Paralimpico, Luca Pancalli. La proposta è di quelle che hanno dentro di sé la travolgente forza della semplicità. Nella vostra Parrocchia, nel vostro quartiere, nel vostro territorio… Conoscete dei ragazzi diversamente abili? Perché non li invitate in società sportiva? Immagino le risposte: “Bella idea, ma non siamo preparati, non siamo attrezzati…” Giuste osservazioni. Ma superabili un passo alla volta. Intanto invitateli a “venire”, a stare con i ragazzi, a fare magari il dirigente accompagnatore di una vostra squadra, a vivere “normalmente insieme a voi”. Poi cercate qualcuno che abbia la sensibilità per iniziare (gradualmente) ad aprire una “sezione” diversamente abili all’interno della vostra società sportiva. Proprio così. Come esiste il calcio, la pallavolo, l’atletica… domani potrebbe esiste l’attività per i diversamente abili. Difficile da realizzare? Molto meno di quello che potete immaginare. Ci sono nostre società sportive che lo fanno da tempo. Penso a un bell’esempio che ho toccato con mano nella Parrocchia di Bresso, in provincia di Milano. Ecco allora la sfida. Accogliere i ragazzi diversamente abili e aprire una sezione di attività dedicata a loro in ogni società sportiva del Csi. Il Comitato Italiano Paraolimpico è al nostro fianco per darci tutto l’aiuto ed il supporto che serve. Non perdiamo questa grande occasione. Facciamo crescere le nostre società sportive.

L'angolo del Presidente

«Che i diritti dei deboli non siano diritti deboli»

Massimo Achini

Presidente Nazionale