20 ottobre 2011

Quel vincolo che ingabbia il diritto dei ragazzi allo sport

Lunedì scorso ho ricevuto una lettera dalla mamma di una ragazza di Ravenna. Portava alla ribalta una questione che al Csi sta molto a cuore e che sistematicamente torna a galla. “Caro Presidente, buongiorno. Mia figlia gioca a pallavolo da 7/8 anni in una piccola società sportiva e quest’anno, insieme a una sua amica, le è capitata l’occasione di cambiare società, senza tante pretese ma forse per provare ad imparare anche qualcosa in più.

Lunedì scorso ho ricevuto una lettera dalla  mamma di una ragazza di Ravenna. Portava  alla ribalta una questione che al Csi sta  molto a cuore e che sistematicamente torna a  galla. “Caro Presidente, buongiorno. Mia figlia  gioca a pallavolo da 7/8 anni in una piccola  società sportiva e quest’anno, insieme a una sua  amica, le è capitata l’occasione di cambiare  società, senza tante pretese ma forse per provare  ad imparare anche qualcosa in più. L’allenatrice le  ha concesso il permesso di fare questa prova, ma  al momento della decisione di cambiare il  Presidente della società non le ha rilasciato il  cartellino e così le ragazze quest’anno non  possono giocare ma solo allenarsi. Volevo sapere,  vista la mia ignoranza in materia, ma a questi  livelli è possibile che possa succedere questo? Ma  questi ’cartellini’ sono stati firmati da noi  genitori? Io non ricordo che mi abbiamo spiegato  o fatto firmare qualcosa di così vincolante. Cosa  si può fare per risolvere al meglio questo  problema senza vedere mia figlia che torna dalle  partitelle di allenamento con le lacrime agli  occhi? Non oso pensare cosa può succedere  quando inizierà il campionato… io pensavo che  lo sport fosse un momento di svago e di  divertimento, non di sofferenza. Mi può dare  qualche consiglio? Come genitori siamo molto,  molto arrabbiati!”. Cara Signora, il problema che  Lei solleva mi sta immensamente a cuore, e nella  speranza di essere chiaro provo a risponderLe  così. Punto primo. Consiglio a Lei ed a tutti i  genitori di essere meno “superficiali e distratti”  quando scegliete la società sportiva in cui fare  giocare vostro figlio. Troppo spesso la vostra  attenzione si concentra su quale “categoria” fa la  società, su quanto è bello il campo di gioco,  oppure su quanto è comodo perché vicino a casa  o al supermercato. Imparate a chiedere di  prendere visione del progetto educativo del  gruppo sportivo. Imparate a valutare se l’obiettivo  è quello di cercare di sfornare campioncini o  quello di educare i ragazzi alla vita. Eviterete  brutte sorprese come quelle capitate a Lei. È  appena il caso di accennarLe che nel Csi questa  regola non esiste e che i ragazzi a fine anno sono  liberi di andare a giocare dove vogliono. Per noi  giocare e fare sport è un diritto di ogni minore, e  in quanto diritto ognuno deve poterlo esercitare  come meglio crede. Punto secondo. Ha ragione,  meglio mille ragioni ad arrabbiarsi ed indignarsi.  Punto terzo. Il Presidente della società sportiva  dove gioca sua figlia non è un “fuorilegge”. Le  norme in vigore in questo momento in molti  ambiti sportivi gli permettono di essere  “proprietario” del destino sportivo di sua figlia.  Sembra surreale ma è così. Punto quarto. In Italia  ci sono tanti ragazzi e ragazze che si trovano nella  condizione di sua figlia. È allucinante ma è così.  Non sono ragazzi che giocano nei settori giovanili  professionistici. Sono ragazzi che giocano nella  società sportiva sotto casa, che giocano per  divertirsi e che sanno che non diventeranno mai  campioni. Tenga conto che, ogni volta che viene  negato a uno di loro il “diritto” di divertirsi e di  giocare dove vuole e con chi vuole, a “perdere” è  tutto lo sport italiano. Cambiare le cose non è  facile. Noi da tempo stiamo cercando di farlo. E  non ci arrenderemo.

L'angolo del Presidente

Quel vincolo che ingabbia il diritto dei ragazzi allo sport

Massimo Achini

Presidente Nazionale