Quel vincolo che ingabbia il diritto dei ragazzi allo sport
Lunedì scorso ho ricevuto una lettera dalla mamma di una ragazza di Ravenna. Portava alla ribalta una questione che al Csi sta molto a cuore e che sistematicamente torna a galla. “Caro Presidente, buongiorno. Mia figlia gioca a pallavolo da 7/8 anni in una piccola società sportiva e quest’anno, insieme a una sua amica, le è capitata l’occasione di cambiare società, senza tante pretese ma forse per provare ad imparare anche qualcosa in più. L’allenatrice le ha concesso il permesso di fare questa prova, ma al momento della decisione di cambiare il Presidente della società non le ha rilasciato il cartellino e così le ragazze quest’anno non possono giocare ma solo allenarsi. Volevo sapere, vista la mia ignoranza in materia, ma a questi livelli è possibile che possa succedere questo? Ma questi ’cartellini’ sono stati firmati da noi genitori? Io non ricordo che mi abbiamo spiegato o fatto firmare qualcosa di così vincolante. Cosa si può fare per risolvere al meglio questo problema senza vedere mia figlia che torna dalle partitelle di allenamento con le lacrime agli occhi? Non oso pensare cosa può succedere quando inizierà il campionato… io pensavo che lo sport fosse un momento di svago e di divertimento, non di sofferenza. Mi può dare qualche consiglio? Come genitori siamo molto, molto arrabbiati!”. Cara Signora, il problema che Lei solleva mi sta immensamente a cuore, e nella speranza di essere chiaro provo a risponderLe così. Punto primo. Consiglio a Lei ed a tutti i genitori di essere meno “superficiali e distratti” quando scegliete la società sportiva in cui fare giocare vostro figlio. Troppo spesso la vostra attenzione si concentra su quale “categoria” fa la società, su quanto è bello il campo di gioco, oppure su quanto è comodo perché vicino a casa o al supermercato. Imparate a chiedere di prendere visione del progetto educativo del gruppo sportivo. Imparate a valutare se l’obiettivo è quello di cercare di sfornare campioncini o quello di educare i ragazzi alla vita. Eviterete brutte sorprese come quelle capitate a Lei. È appena il caso di accennarLe che nel Csi questa regola non esiste e che i ragazzi a fine anno sono liberi di andare a giocare dove vogliono. Per noi giocare e fare sport è un diritto di ogni minore, e in quanto diritto ognuno deve poterlo esercitare come meglio crede. Punto secondo. Ha ragione, meglio mille ragioni ad arrabbiarsi ed indignarsi. Punto terzo. Il Presidente della società sportiva dove gioca sua figlia non è un “fuorilegge”. Le norme in vigore in questo momento in molti ambiti sportivi gli permettono di essere “proprietario” del destino sportivo di sua figlia. Sembra surreale ma è così. Punto quarto. In Italia ci sono tanti ragazzi e ragazze che si trovano nella condizione di sua figlia. È allucinante ma è così. Non sono ragazzi che giocano nei settori giovanili professionistici. Sono ragazzi che giocano nella società sportiva sotto casa, che giocano per divertirsi e che sanno che non diventeranno mai campioni. Tenga conto che, ogni volta che viene negato a uno di loro il “diritto” di divertirsi e di giocare dove vuole e con chi vuole, a “perdere” è tutto lo sport italiano. Cambiare le cose non è facile. Noi da tempo stiamo cercando di farlo. E non ci arrenderemo.