Il bilancio sociale un dovere e un’opportunità
Nell'attuale Italia "liquida", in cui si disgregano tante tradizionali certezze e cresce la paura del futuro, esiste un Paese reale che non si rassegna. Esistono adulti disposti a mettersi in gioco, ed esistono ragazzi e ragazze che non chiedono altro che adulti capaci di orientarli nella loro ricerca di senso. Esistono luoghi veri, in cui le persone si incontrano, dialogano e si scambiano amicizie autentiche. Esiste uno sport sano, pieno di valori profondi, garantito da migliaia e migliaia di volontari, che investono il tempo e la loro vita per trasformarsi in educatori sportivi. Grazie a loro, si è sviluppata come sistema articolato un'organizzazione radicata e capillare, che assicura in tutta l'Italia il diritto alla pratica sportiva.
Questo è contribuire al sistema di welfare. Il mondo dello sport fatica ad avere una sua fisionomia specifica quale strumento delle politiche di promozione sociale. Spesso perfino le istituzioni faticano a comprendere la reale entità del contributo che, attraverso le società sportive, gli allenatori, le strutture intermedie, gli educatori sportivi e i volontari, i cittadini ricevono dalle organizzazioni sportive. Siamo dinanzi ad una risposta concreta fornita, attraverso l'esperienza sportiva, ai bisogni di socialità, di libertà, di salute e di benessere delle persone. Sui campi di gioco di questo sport scendono anche ragazzi diversamente abili, giovani che hanno alle spalle situazioni di devianza, adolescenti che nello sport rintracciano occasioni di emancipazione dalle paure, dalle solitudini, dalle incertezze. Sono veri e propri avamposti di formazione umana le realtà che le società sportive rappresentano nelle periferie urbane, nei quartieri della marginalità, nelle piccole comunità di cui è piena l'Italia. Ad animarli ci sono quei volontari che, smessi i panni della quotidianità, diventano arbitri, allenatori, dirigenti e riempiono di gioia e sorrisi gli oratori e le palestre.
Si tratta di un universo il cui valore è tuttora misconosciuto dalle istituzioni. Se da un lato la responsabilità è ascrivibile alla disattenzione con cui i centri decisionali "leggono" la società, dall'altra va chiamata in causa l'incapacità, o forse si tratta di pudore, di quell'associazionismo sportivo nel rappresentare il proprio lavoro a favore della collettività
Si tratta di una lacuna da colmare. Il Csi ha compiuto un passo importante preparando il bilancio sociale del 2011, che sarà presentato all'assemblea nazionale di Salsomaggiore, attraverso il quale si rappresenta - attraverso numeri, grafici, tabelle - l'impatto che il proprio lavoro ha nella costruzione del bene comune
Presentare un bilancio significa anche sviluppare il coraggio di valutarsi e di farsi valutare. Questo per il Csi è un'opportunità, non un problema. Sicuramente, c'è la volontà di estendere la pratica della rendicontazione sociale a tutti i livelli dell'associazione. Sarà un processo graduale, ma essenziale perché si cominci a percepire l'effettivo patrimonio culturale, sociale ed umano che l'associazione costruisce sui territori, anche quelli che nessuno frequenta.
Con i piedi per terra, nei numeri e nelle azioni concrete, vogliamo continuare a volare sempre più in alto per poter avere lo sguardo aperto agli orizzonti. Solo così potremo farci prossimo, essere vicini ai nostri atleti ed atlete, contagiandoli con il fascino e l'ebbrezza degli spazi aperti.