Il Csi ad Haiti: una splendida sfida all’impossibile
Haiti
dista appena 1100 chilometri dalla ricca Miami, dove vanno in vacanza milionari
e sportivi di rango. In pratica sono meno di due ore di volo, ma passare
dall'una all'altra è come fare un viaggio nell'incredibile. Haiti è al 172
posto nella classifica dei paesi più poveri del mondo, una di quelle
contraddizioni incomprensibili che la società del nostro tempo ancora propone.
Incredibilmente il divario tra paesi 'ricchi' (tra i quali siamo anche noi) e
paesi 'poveri' invece di diminuire cresce. Lo afferma l'ONU: il numero di
'paesi meno sviluppati' è raddoppiato negli ultimi 40 anni, più di 3 miliardi
di persone vivono con meno di due dollari al giorno, ogni 3,6 secondi nel mondo
c'è qualcuno che muore di fame, e per il 75% sono bambini sotto i 5 anni. Tra
questi paesi c'è Haiti. Come si vive ad Haiti è difficile da spiegare. L'età
media di vita supera di poco i 30 anni. Dimenticata da tutti, colpita dalla
tragedia di un terremoto travolgente, alle prese con epidemie di colera e con
baraccopoli che ospitano oltre 250 mila persone, la capitale del paese sembra
appartenere al mondo di almeno 100 anni fa. Qui persino giocare è un lusso, non
quel diritto riconosciuto dall'ONU. I bambini non hanno palloni da rincorrere,
non hanno spazi in cui giocare ( sembra assurdo ma è così..) non hanno
magliette da indossare. In questi giorni il CSI è ad Haiti per cercare, in
partnership con Danone Italia e la fondazione Francesca Rava, di rendere
possibile l'impossibile, per seminarvi quella nostra idea di sport che aiuta i
ragazzi a vivere e a crescere. Dal 10 giugno al 20 agosto Haiti vedrà ininterrottamente
la presenza di volontari del CSI, con 15 allenatori e animatori che si
alterneranno. Con loro stanno arrivando le cose necessarie per dare ai bambini
degli orfanotrofi un'opportunità di gioco: divise da gioco, palloni, scarpe
donati con il cuore da decine e decine di società sportive. Bisognerebbe essere
qui (come lo siamo noi) per capire cosa significhi trovarsi assalito da bambini
che non hanno niente ma che ti regalano gioia , sorrisi, abbracci a non finire,
per vedere da vicino gente che vive in condizioni disumane 'saltare di gioia'
all'idea di mettere insieme una squadretta.
Come sapete il CSI non c'è solo ad Haiti. In giro per il mondo (Africa, sud
America, Europa est) oggi ci sono circa 15 i progetti internazionali realizzati
dai comitati dell'associazione. Il bello è che non abbiamo nessuna intenzione
di fermarci. Nel mirino ci sono già Mozambico e Congo. Perché andare così
lontano per portare lo sport come strumento educativo? Perché andare ad Haiti
(o in altri paesi) significa semplicemente aprire la nostra finestra sul mondo
e andare dove c'è bisogno di esserci. Ha senso perché i bambini sono bambini in
ogni parte del mondo. Il primo campetto CSI sorgerà a Haiti di fronte al
quartiere Citè soleil. Mai nome fu più traditore: si tratta di una baraccopoli
con più di 200mila persone che vivono in condizioni igieniche disperate. Bene,
il primo impianto sportivo sorgerà proprio li davanti.
'Follia' di un progetto 'folle', ne siamo consapevoli e l'idea ci piace. Come
faremo non lo sappiamo, dobbiamo trovare i soldi e speriamo nell'aiuto di tanti
amici. Intanto il CSI ad Haiti oggi c'è. La morale è semplice: credete sempre
nell'impossibile, lanciate ai vostri ragazzi sfide e proposte impegnative che
li costringano a sporcarsi le mani con la vita.
Difficilmente resterete delusi. È quello che è capitato a noi. Ci abbiamo
provato e ci avete sorpreso ancora una volta. Ad aprire il CSI ad Haiti non
siamo stati noi. Siete stati voi. E dovete esserne orgogliosi.