27 marzo 2010
L’agonismo aiuti i giovani a scoprire la felicità
Roma, estate del 1985: nasce la prima edizione della Giornata Mondiale della Gioventù, da tutti poi ribattezzata Gmg. Si tratta di una delle più grandi intuizioni di Giovanni Paolo II che del rapporto con i giovani, della fiducia nelle loro possibilità, ha fatto uno dei caposaldi del suo lungo pontificato. Sono passati 25 anni. Giovedì sera, per festeggiare la ricorrenza, circa 70 mila «giovani e meno giovani» italiani che hanno vissuto almeno un’edizione della Gmg si sono ritrovati in Piazza San Pietro insieme a Benedetto XVI. Nonostante il tempo trascorso, indelebile è rimasto il vero senso di questo raduno mondiale. Il nodo ruota ancora oggi intorno al tema della prima edizione, quel brano del Vangelo in cui un giovane ricco, insoddisfatto e amareggiato dalla vita, incontra Gesù.
Roma, estate del 1985: nasce la prima edizione della Giornata Mondiale della Gioventù, da tutti poi ribattezzata Gmg. Si tratta di una delle più grandi intuizioni di Giovanni Paolo II che del rapporto con i giovani, della fiducia nelle loro possibilità, ha fatto uno dei caposaldi del suo lungo pontificato. Sono passati 25 anni. Giovedì sera, per festeggiare la ricorrenza, circa 70 mila «giovani e meno giovani» italiani che hanno vissuto almeno un’edizione della Gmg si sono ritrovati in Piazza San Pietro insieme a Benedetto XVI. Nonostante il tempo trascorso, indelebile è rimasto il vero senso di questo raduno mondiale. Il nodo ruota ancora oggi intorno al tema della prima edizione, quel brano del Vangelo in cui un giovane ricco, insoddisfatto e amareggiato dalla vita, incontra Gesù e gli domanda: «Maestro che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» Benedetto XVI ha ricordato che la domanda oggi potrebbe suonare così: «Sono soddisfatto della mia vita? C’è qualcosa che manca? Che cosa devo fare perché la mia vita abbia pieno valore e significato?» Il Santo Padre ha ricordato ai giovani che tali domande: «attendono risposte non superficiali, capaci di soddisfare le vostre autentiche attese di vita e felicità». La Chiesa ha bisogno di parlare al cuore dei giovani. Anche il Csi ha bisogno di parlare al cuore dei giovani. Il Csi è stato a lungo un’associazione quasi totalmente rivolta ai giovani. Oggi i tempi sono cambiati. Le nostre società sportive sono diventate luoghi educativi nei quali le varie generazioni (dai bambini ai nonni) convivono valorizzandosi l’un l’altra e tenendosi per mano. La presenza dei giovani resta però una priorità. Abbiamo bisogno di incontrarli e di offrirgli - attraverso lo sport - risposte alla domanda che il giovane ricco pose a Gesù. Abbiamo bisogno di parlargli con il linguaggio della testimonianza, con il linguaggio della pazienza, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita, settimana dopo settimana. Abbiamo bisogno anche di idee “innovative e coraggiose”, come quelle che ispirano due iniziative alle porte: il primo raduno nazionale per arbitri under 25 e il primo master per dirigenti under 35 provenienti da tutta Italia. Non saranno “stage tecnici”, saranno esperienze volte a lasciare, appunto, il segno nella vita dei ragazzi, invitandoli anche ad assumersi le proprie responsabilità per costruire oggi e domani la civiltà dell’amore.