27 febbraio 2010
Il Barcellona prenda esempio dai nostri campetti “puliti”
Il gioco dei ragazzi diventa sport quando esso si mette i calzoni lunghi”: questo modo di dire, che sottolineava come i preadolescenti dovessero semplicemente dedicarsi al gioco per passare all’autentica attività sportiva solo nel momento in cui si inoltravano nell’adolescenza, era piuttosto popolare nel mondo sportivo italiano negli anni Cinquanta. Pochi lo sanno, ma a rompere il ghiaccio fu proprio il Csi, nel 1955, lanciando l’attività per la categoria giovanissimi, che convocava negli impianti sportivi, per un’attività “vera”, strutturata e continuativa, i ragazzi di 10-13 anni.
Il gioco dei ragazzi diventa sport quando esso si mette i calzoni lunghi”: questo modo di dire, che sottolineava come i preadolescenti dovessero semplicemente dedicarsi al gioco per passare all’autentica attività sportiva solo nel momento in cui si inoltravano nell’adolescenza, era piuttosto popolare nel mondo sportivo italiano negli anni Cinquanta. Pochi lo sanno, ma a rompere il ghiaccio fu proprio il Csi, nel 1955, lanciando l’attività per la categoria giovanissimi, che convocava negli impianti sportivi, per un’attività “vera”, strutturata e continuativa, i ragazzi di 10-13 anni. Una qualsiasi attività sportiva, si ragionò, per quanto possa presentare dei “rischi”, sarà pur sempre meno rischiosa dello stare per strada. Un’osservazione che è ancora valida, e che andrebbe sottoposta alle famiglie di quel 44% di preadolescenti italiani che ancora oggi si tengono lontani dallo sport. Qualche giorno fa, a Jyväskylä, in Finlandia, si è tenuto il 13° Congresso mondiale dello sport per tutti, promosso dal Cio. Gli esperti presenti hanno sottolineato che promuovere meglio e di più lo sport giovanile viene considerato da Governi e istituzioni internazionali una questione strategica. Perché mai? ci si è poi chiesti. La risposta è stata unanime: lo sport ha un ruolo chiave da giocare ai fini della salute e del benessere della popolazione, per ridurre i rischi di numerose malattie figlie del nostro modo di vivere. La filosofia dello sport per tutti pretende che l’attività fisico-sportiva sia radicata nel sistema di vita di ciascuno, accompagnando l’individuo dall’infanzia alla vecchiaia. Ma rimuovere abitudini, pregiudizi e disaffezioni in chi è già arrivato agli anni “anta” non è semplice. Meglio concentrare gli sforzi sui giovanissimi, perché più presto si familiarizza con lo sport come esperienza positiva, più sarà possibile farne un’abitudine che duri tutto l’arco della vita. Un sano entusiasmo è arrivato ieri con le parole del presidente del Coni Petrucci, che in Consiglio Nazionale ha ricordato ancora una volta come «Tra gli obiettivi principali di questo quadriennio un’importanza particolare riveste la promozione dello sport per tutti, in quanto la massima diffusione dell’attività sportiva nel paese, che rappresenta il fine istituzionale del Coni prescritto dal legislatore, non può essere intesa riduttivamente, ossia limitata all’attività sportiva agonistica di alto livello, ma deve necessariamente riguardare tutti i cittadini di tutte le età, per l’esercizio di ogni tipo di attività motoria sportiva». Sulle interessanti prospettive che si stanno aprendo in materia non mancheremo di tenervi aggiornati.