Otto ragazzini e quella “strana” raccomandata
Quando arriva a casa di qualcuno il “bustone” della sua trasmissione, c’è sempre un misto di incredulità ed emozione. A rimanere scioccati dalla posta sono stati, recentemente, 8 bambini della società sportiva San Giovanni di Trieste, nel ricevere una “raccomandata” indirizzata proprio a loro e non ai genitori.
Tutti conosciamo il programma televisivo di Maria De Filippi.
Quando arriva a casa di qualcuno il “bustone” della sua trasmissione, c’è sempre un misto di incredulità ed emozione. A rimanere scioccati dalla posta sono stati, recentemente, 8 bambini della società sportiva San Giovanni di Trieste, nel ricevere una “raccomandata” indirizzata proprio a loro e non ai genitori. Possiamo immaginare la trepidazione nell’aprirla e la delusione nel leggere poche righe a firma del presidente della loro società sportiva: «Caro Matteo, mi spiace di comunicarti che siccome siamo in troppi, dalla prossima settimana non potrai più venire a fare gli allenamenti e a giocare nella nostra società sportiva». Che dire? Una dichiarazione tra il surreale e il farneticante, commentata da giornali e televisioni. Che cosa possiamo aggiungere?
Intanto, un aspetto simpatico. Pochi giorni dopo Francesco, il presidente di una società sportiva del Csi di Milano, ha fatto trovare nello spogliatoio una lettera indirizzata a ciascuno dei suoi ragazzi: «Sai, volevo dirti che sono proprio orgoglioso del fatto che tu faccia parte della nostra società sportiva. Qui la porta è e sarà sempre aperta per te e per tutti i tuoi amici. Noi siamo felici solo se tu ti diverti e sei contento. Tutto il resto (vittorie comprese) conta molto meno». Se avessimo la possibilità scriveremmo qualcosa del genere a tutti i bambini d’Italia. Ma torniamo alla vicenda di Trieste.
Probabilmente il primo ad essersi pentito di quella
raccomandata è stato il presidente della San Giovanni. Si è trattato di un
gesto così clamorosamente sbagliato che una sorta di buona fede non può essere
negata. Resta però il nodo di fondo.
Nell’ambiente sportivo la tendenza a “miniaturizzare” l’attività giovanile
rendendola “uguale e identica” a quella dei grandi non è del tutto scomparsa.
L’errore del Presidente di Trieste nasce da lì. Lui ha preso il testo di una
“comunicazione” che si manda ai grandi e l’ha mandata “pari pari” ai piccoli.
Dobbiamo ragionare al contrario. Al centro dell’attività giovanile ci devono
essere i ragazzi. Ci deve essere la loro voglia di giocare, di divertirsi, di
essere felici correndo dietro ad un pallone. Tutto il resto deve ruotare
intorno a loro. I regolamenti, le formule, l’attività devono essere costruiti e
modellati a seconda delle esigenze dei ragazzi. In questa direzione nell’ultimo
decennio tutti hanno fatto passi avanti da gigante. Ma il virus del
“miniaturizzare” non è definitivamente scomparso, e nessuno può dirsene immune.
L’altro giorno in un Oratorio ho visto, appeso in bacheca, un cartellone enorme
con la classifica (con tanto di capocannoniere) di un campionato che non
prevedeva alcuna graduatoria. La coerenza educativa va cercata e verificata
ogni giorno.