Nominiamo le Società sportive Patrimonio dell’Umanità
Sarebbe solo un simbolo, ma avrebbe il suo valore».
Don Luca poi chiarisce rapidamente il suo pensiero. «Mi riferisco a quelle società sportive piccole e sgangherate, quelle che accolgono tutti (ma proprio tutti…), quelle che hanno magliette fuori moda e che stanno in piedi grazie alla passione straordinaria di volontari che amano l’educazione dei ragazzi e dei giovani».
La proposta arriva da don Luca, agguerrito e
giovane parroco, durante una serata a dialogare sullo sport in oratorio.
«Perché non proporre che tutte le società sportive di base diventino patrimonio
dell’umanità nominate dall’Unesco?
Sarebbe solo un simbolo, ma avrebbe il suo valore».
Don Luca poi chiarisce rapidamente il suo pensiero. «Mi
riferisco a quelle società sportive piccole e sgangherate, quelle che accolgono
tutti (ma proprio tutti…), quelle che hanno magliette fuori moda e che stanno
in piedi grazie alla passione straordinaria di volontari che amano l’educazione
dei ragazzi e dei giovani». La proposta è provocatoria, ma solo fino a un certo
punto. Per ottenere il riconoscimento da parte dell’Unesco bisogna avere i
requisiti previsti da 10 criteri. Sentite un po’ cosa dice il primo e più
importante: «Deve trattarsi di realtà o luoghi che siano chiara espressione del
genio creativo umano». Ed ecco, allora, l’affondo definitivo di don Luca: «Una
società sportiva che educa i ragazzi nel mondo di oggi non è forse espressione
del genio creativo umano? Pensateci bene, lo sport come è strumento per
migliorare la vita delle persone e della società funziona davvero».
La proposta di don Luca si trasforma in un bell’assist per
Mario Pescante, che in questi giorni a New York parlerà nella sede delle
Nazioni Unite in occasione del terzo Forum mondiale sullo sport al servizio di
pace e sviluppo promosso dal Cio. Passare “dalle parole ai fatti”, questa la
sfida ambiziosa che il Forum ha come obiettivo. Ormai non basta più dire che lo
sport è importante per migliorare le condizioni di vita dell’umanità e che
rappresenta uno strumento per veicolare i grandi valori della vita. Bisogna
aumentare la diffusione della pratica sportiva in tutto il mondo. Pescante su
questo è chiarissimo: «Occorre agire insieme perché ce lo chiede il mondo, ce
lo chiedono i giovani. Ora è giunto il momento di agire. Non è più tempo di
buone intenzioni, dobbiamo mettere in pratica quanto realizzato sinora. Diciamo
che è arrivato il momento di scendere in campo: tutti insieme». Pescante lancia
un’idea interessante per il futuro: «Occorre creare una task force di Onu e Cio,
un gruppo di lavoro che si occupi di aiuti e di costruzione di impianti
sportivi che consentano ai giovani di tutto il mondo di praticare lo sport e,
quindi, di assimilarne non solo le tecniche di allenamento, ma soprattutto
illustrarne in loco i valori che ci uniscono tutti. Lo sport è un valore
trainante nella politica, nella cultura, nell’economia e nella salute. La
conoscenza reciproca può far progredire i popoli nella pace e nel rispetto». Il
mondo sono i Paesi lontani, ma il mondo è anche il campetto sotto casa nostra.
Ecco perché c’è un filo rosso “bello e positivo” che lega l’esperienza di don
Luca a quella di Pescante. In ogni ambito, in ogni luogo, in ogni momento
dobbiamo “dire e ribadire” la forza educativa dello sport.
Arriverà un giorno che, per davvero, il mondo comprenderà.