Cento piazze, cento tornei per ridurre le distanze
La proposta è chiara e coraggiosa. Perché non fare nel 2014 in ogni città italiana un torneo dedicato alle comunità di stranieri residenti su quel territorio? Una sorta di “mundialito” nel quale ogni comunità schieri in campo una sua “nazionale”? La proposta è di un torneo che vada oltre il torneo. Al di là delle partite, musica, arte, cucina etnica, cultura, dibattiti… Insomma, mille occasioni per “accorciare le distanze” tra nazioni e abbattere ogni diffidenza. Di esperienze così in giro per l’Italia ce ne sono tante. La punta di eccellenza, come Csi, la troviamo a Bergamo, dove da 7 anni va in scena “Bergamondo”, un grande torneo che coinvolge una ventina di comunità di stranieri e che è diventato un evento in città. Dove sta allora la novità?
La novità è quella di puntare a 100 tornei così in 100 città italiane. In altre parole si tratta di mettere il turbo in termini di valorizzazione dello sport come veicolo ad alta velocità per vincere la partita dell’integrazione. Questa sfida già la si gioca quotidianamente negli spogliatoi di ciascuna delle nostre società sportive.
Dentro quei 25 metri quadri scarsi persone diverse per colore della pelle, religione, cultura “stanno insieme” senza problemi e con una naturalezza che li fa sentire fratelli per davvero. Stanno insieme le loro famiglie che si conoscono, vanno a mangiare la pizza, stringono amicizie, abbattono diffidenze… a partire dal fatto che i loro figli giocano insieme. Tutto questo avviene quotidianamente in migliaia di società sportive in tutta Italia. È importante, però, anche accendere i riflettori sul tema dell’integrazione degli stranieri e del sentirci tutti cittadini del mondo. Ecco allora che un torneo stile “Bergamondo” può essere un’occasione simpatica e incisiva per coinvolgere tutta la cittadinanza di un territorio e intere comunità di stranieri. Il Csi su questo terreno non vuole giocare in difesa. Il problema non è togliere i “buu” dagli stadi o fermare le partite di fronte a cori razzisti. Sono misure giuste e opportune che, però, da sole non bastano. Il problema è dare gambe e forza a tutte le potenzialità che lo sport ha come strumento di integrazione. Ecco allora la proposta: costituite un comitato organizzatore con il coinvolgimento del sindaco, della curia locale, delle associazioni che si occupano di mondialità, di un rappresentante per ogni comunità straniera presente sul vostro territorio. Lavorate sodo per qualche mese per mettere in campo il più bel “mundialito” possibile. Se volete un’altra idea pensate anche a un torneo di bambini di seconda generazione che anticipa le partite dei grandi.