10 ottobre 2013
I nostri piccoli, grandi eroi esemplari dello sport di periferia
Lui si chiama Luigi. Di mestiere fa l’ingegnere. Dirige un’azienda importante e per tutta la settimana coordina riunioni, business-plan e strategie. Il sabato pomeriggio verso le 5 lo trovi però dentro uno spogliatoio, spazzolone in mano, a pulire docce e pavimento. Sì, perché nella sua società sportiva funziona così. I dirigenti, a turno, si occupano della pulizia dello spogliatoio e di mille altre cose di vita quotidiana. Basta pensare a Piero che, impiegato di banca in pensione, tutte le settimane prepara il campo per le partite, gestisce il magazzino e corre dietro a tutti i ragazzi con un sorriso grande come una casa e con una passione educativa che non si può raccontare.
Lui si chiama Luigi. Di mestiere fa l’ingegnere. Dirige un’azienda importante e per tutta la settimana coordina riunioni, business-plan e strategie. Il sabato pomeriggio verso le 5 lo trovi però dentro uno spogliatoio, spazzolone in mano, a pulire docce e pavimento. Sì, perché nella sua società sportiva funziona così. I dirigenti, a turno, si occupano della pulizia dello spogliatoio e di mille altre cose di vita quotidiana. Basta pensare a Piero che, impiegato di banca in pensione, tutte le settimane prepara il campo per le partite, gestisce il magazzino e corre dietro a tutti i ragazzi con un sorriso grande come una casa e con una passione educativa che non si può raccontare. Mamma Francesca invece è stata soprannominata “miss lavatrice” 2013. Chi ha giocato in una società sportiva sa bene come vanno queste cose.
A inizio anno si stabiliscono i turni tra i genitori per il lavaggio delle magliette, ma poi, quando il borsone resta lì, con le maglie piene di fango, e nessuno se lo prende, c’è sempre una “mamma speciale” che dice: «Su dai, lo porto a casa io anche se non tocca a me».
Giovanni fa il dirigente accompagnatore. Lavora nell’azienda dei trasporti pubblici locali e i turni sono sempre un problema. Il suo “capo” è arrabbiato nero con lui perché il martedì e il giovedì sono «sacri» e alle 18, crollasse il mondo, deve essere al campo perché i suoi ragazzi si allenano. Bella anche la storia di Maurizio, che di mestiere fa il giornalista e oggi ha la responsabilità di buona parte del palinsesto dello sport della Rai. Gira il mondo per lavoro, deve seguire eventi sportivi.
Ogni domenica si trova a coordinare la più popolare trasmissione sportiva popolare. Eppure, a “mollare” i ragazzi del suo gruppo sportivo in oratorio non ci pensa nemmeno.
Papa Francesco ha detto a tutti di occuparsi delle periferie (del mondo, di ogni uomo, della società del nostro tempo). Bene, se volete farvi un giretto nelle periferie dello sport andate ad incontrare una società sportiva che opera in oratorio oppure in un quartiere di periferia o in un paesino.
Lì dello sport che “luccica” , di grandi giri di denaro, di risultati da inseguire ad ogni costo, non si vede nemmeno l’ombra. Lì, tra campo e spogliatoio, si incontrano persone come quelle che abbiamo descritto prima. Uomini e donne “grandi dentro”, capaci di donarsi agli altri senza chiedere nulla in cambio. Capaci di voler bene ai i ragazzi ed allo sport oltre ogni limite.
Capaci di far venir fuori l’umanità che abita dentro ogni uomo. Lo sport di periferia non è qualcosa di piccolo o di meno importante. È la sfida di oggi nel domani. Solo sostenendo, accompagnando, valorizzando questo straordinario universo si può pensare di fare grande lo sport di domani.
Esattamente come avviene in ambito più ampio, le periferie dei mondo sono la sfida di oggi e di domani. Un mondo migliore non si può costruire pensando solo alla parte “ricca” e “tranquilla” dell’umanità. Bisogna sporcarsi le mani con le periferie del mondo. Bisogna andarci, capire, portare speranza, accompagnare, sostenere, far crescere. Esattamente come bisogna fare nello sport.
Dimenticare o considerare solo a parole lo sport di base (periferia del sistema sportivo italiano) è un errore che nessuno può permettersi di fare.
A inizio anno si stabiliscono i turni tra i genitori per il lavaggio delle magliette, ma poi, quando il borsone resta lì, con le maglie piene di fango, e nessuno se lo prende, c’è sempre una “mamma speciale” che dice: «Su dai, lo porto a casa io anche se non tocca a me».
Giovanni fa il dirigente accompagnatore. Lavora nell’azienda dei trasporti pubblici locali e i turni sono sempre un problema. Il suo “capo” è arrabbiato nero con lui perché il martedì e il giovedì sono «sacri» e alle 18, crollasse il mondo, deve essere al campo perché i suoi ragazzi si allenano. Bella anche la storia di Maurizio, che di mestiere fa il giornalista e oggi ha la responsabilità di buona parte del palinsesto dello sport della Rai. Gira il mondo per lavoro, deve seguire eventi sportivi.
Ogni domenica si trova a coordinare la più popolare trasmissione sportiva popolare. Eppure, a “mollare” i ragazzi del suo gruppo sportivo in oratorio non ci pensa nemmeno.
Papa Francesco ha detto a tutti di occuparsi delle periferie (del mondo, di ogni uomo, della società del nostro tempo). Bene, se volete farvi un giretto nelle periferie dello sport andate ad incontrare una società sportiva che opera in oratorio oppure in un quartiere di periferia o in un paesino.
Lì dello sport che “luccica” , di grandi giri di denaro, di risultati da inseguire ad ogni costo, non si vede nemmeno l’ombra. Lì, tra campo e spogliatoio, si incontrano persone come quelle che abbiamo descritto prima. Uomini e donne “grandi dentro”, capaci di donarsi agli altri senza chiedere nulla in cambio. Capaci di voler bene ai i ragazzi ed allo sport oltre ogni limite.
Capaci di far venir fuori l’umanità che abita dentro ogni uomo. Lo sport di periferia non è qualcosa di piccolo o di meno importante. È la sfida di oggi nel domani. Solo sostenendo, accompagnando, valorizzando questo straordinario universo si può pensare di fare grande lo sport di domani.
Esattamente come avviene in ambito più ampio, le periferie dei mondo sono la sfida di oggi e di domani. Un mondo migliore non si può costruire pensando solo alla parte “ricca” e “tranquilla” dell’umanità. Bisogna sporcarsi le mani con le periferie del mondo. Bisogna andarci, capire, portare speranza, accompagnare, sostenere, far crescere. Esattamente come bisogna fare nello sport.
Dimenticare o considerare solo a parole lo sport di base (periferia del sistema sportivo italiano) è un errore che nessuno può permettersi di fare.