17 ottobre 2013

Sulla scia di San Paolo la corsa della fede

«Lo sport è il vero esperanto dei popoli», scriveva Jean Giraudoux, un autore francese del secolo scorso.

Effettivamente il gioco nel senso più ampio e creativo del termine appartiene all’essenza stessa dell’umanità, tant’è vero che si è persino coniata la definizione di homo ludens: l’uomo gioca e, così, crea e libera le sue potenzialità fisiche e interiori. È proprio su questa base di gratuità, libertà, creatività che si può stabilire una sorta di fraternità dello sport con la fede, espressione totale della persona che va oltre l’interesse materiale e la superficie della realtà in una danza dell’anima e del corpo verso l’alto e il divino.

«Lo sport è il vero esperanto dei popoli», scriveva Jean Giraudoux, un autore francese del secolo scorso.

Effettivamente il gioco nel senso più ampio e creativo del termine appartiene all’essenza stessa dell’umanità, tant’è vero che si è persino coniata la definizione di homo ludens: l’uomo gioca e, così, crea e libera le sue potenzialità fisiche e interiori. È proprio su questa base di gratuità, libertà, creatività che si può stabilire una sorta di fraternità dello sport con la fede, espressione totale della persona che va oltre l’interesse materiale e la superficie della realtà in una danza dell’anima e del corpo verso l’alto e il divino. È in questa luce che nella Bibbia a più riprese la metafora del gioco è divenuta una via persino per rappresentare Dio stesso: nel libro dei Proverbi la Sapienza divina creatrice è raffigurata come una fanciulla che «gioca in ogni istante, gioca sul globo terrestre ponendo la sua felicità tra i figli dell’uomo» (8,30-31). San Paolo, invece, a più riprese applica l’immagine della corsa nello stadio alla vita del cristiano, proteso verso la meta suprema dell’incontro con Dio, in attesa di ricevere una corona che non marcisce come quelle d’alloro che si assegnavano allora agli atleti: «Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono ma uno solo conquista il premio?

Correte anche voi in modo da conquistarlo! Per questo ogni atleta è disciplinato in tutto ed essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre» (1Corinzi 9,24-25).

Purtroppo sappiamo che - come in ogni atto umano - in agguato c’è sempre la degenerazione. La libertà del corpo si trasforma in schiavitù del doping; la gratuità dell’esercizio è condizionata commercialmente; la festa dello spettacolo è turbata dal tifo violento; la fantasia creativa lascia spazio al calcolo e alla prevaricazione. Per questo il Pontificio Consiglio della Cultura e il Centro Sportivo Italiano, attraverso la staffetta che giunge fino alle soglie della Basilica di San Pietro e davanti a papa Francesco, hanno voluto riportare al suo valore fondante questa alta e nobile attività ricorrendo all’atto simbolico della “corsa della fede”, sulla scia del testamento di San Paolo: «Ho terminato la corsa, ho conservato la fede» (2Timoteo 4,7).

Gianfranco Ravasi       presidente – Pontificio Consiglio della Cultura



L'angolo del Presidente

Sulla scia di San Paolo la corsa della fede

Massimo Achini

Presidente Nazionale