17 aprile 2014
Un Csi capace di vincere nella parità di genere
Le ultime nomine relative ai vertici delle grandi aziende pubbliche profumano di rosa. Ad assumere la presidenza di Eni, Poste italiane e Enel sono state chiamate tre donne: Marcegaglia, Todini e Grieco. È un segno dei tempi: la parità di genere è una sfida che riguarda oggi tutta la società. Nel 2013 in Parlamento si sono insediate 198 donne, pari al 31% degli eletti. Meglio di Portogallo, Inghilterra e Francia.
Ma nello sport? Bisogna distinguere tra pratica sportiva e ruoli dirigenziali. Quanto alla prima, va ricordato che nel 1959 in Italia praticavano sport circa 1,3 milioni di persone, pari al 2,6% della popolazione, percentuale che per le donne era appena lo 0,27%. Da allora di strada ne è stata fatta. Nel 2000 le sportive erano circa 10,7 milioni, pari al 22,7% della popolazione (per i maschi il 37,8%). Nel Csi le donne rappresentano il 34% dei tesserati, e oltre il 35% dei soli atleti.
Ma nello sport? Bisogna distinguere tra pratica sportiva e ruoli dirigenziali. Quanto alla prima, va ricordato che nel 1959 in Italia praticavano sport circa 1,3 milioni di persone, pari al 2,6% della popolazione, percentuale che per le donne era appena lo 0,27%. Da allora di strada ne è stata fatta. Nel 2000 le sportive erano circa 10,7 milioni, pari al 22,7% della popolazione (per i maschi il 37,8%). Nel Csi le donne rappresentano il 34% dei tesserati, e oltre il 35% dei soli atleti.
Le ultime nomine relative ai vertici delle
grandi aziende pubbliche profumano di rosa. Ad assumere la presidenza
di Eni, Poste italiane e Enel sono state chiamate tre donne:
Marcegaglia, Todini e Grieco. È un segno dei tempi: la parità di genere è
una sfida che riguarda oggi tutta la società. Nel 2013 in Parlamento
si sono insediate 198 donne, pari al 31% degli eletti. Meglio di
Portogallo, Inghilterra e Francia.
Ma nello sport? Bisogna distinguere tra pratica sportiva e ruoli dirigenziali. Quanto alla prima, va ricordato che nel 1959 in Italia praticavano sport circa 1,3 milioni di persone, pari al 2,6% della popolazione, percentuale che per le donne era appena lo 0,27%. Da allora di strada ne è stata fatta. Nel 2000 le sportive erano circa 10,7 milioni, pari al 22,7% della popolazione (per i maschi il 37,8%). Nel Csi le donne rappresentano il 34% dei tesserati, e oltre il 35% dei soli atleti.
Non solo numeri: in termini di risultati oggi le donne costituiscono un patrimonio dal valore immenso per lo sport italiano. Si guardi il medagliere azzurro di Londra 2012, dove le nostre atlete hanno saputo regalare grandi emozioni: nel fioretto femminile come nel tiro a volo e nella ginnastica ritmica. Londra 2012 ha mostrato anche come lo sport possa costituire una risorsa per l’emancipazione femminile. Ricordiamo il caso dell’atleta saudita Wojdan Shaherkani, 16 anni e prima atleta donna del suo Paese a partecipare alle Olimpiadi. La sua presenza era stata messa più volte in discussione perché la Federazione Internazionale del judo non voleva che partecipasse con il hijab, come impostole dalle autorità sportive saudite, ottenendo alla fine il permesso di gareggiare con una cuffia, vincendo così una battaglia culturale per tutte le donne del suo Paese.
Diverso è se guardiamo alla presenza delle donne nei ruoli dirigenziali dello sport italiano. Nella giunta nazionale del Coni su 18 componenti ci sono 4 donne: Fiona May, Alessandra Sensini, Valentina Turinisi e Manuela di Centa. Siamo a meno del 20%, ma é già un dato molto positivo. Se però si va a guardare nei “board” delle Federazioni o degli Enti di promozione, la percentuale scende e non di poco. Stessa situazione nella stragrande maggioranza dei direttivi delle società sportive. In casa Csi la presenza di dirigenti “rosa” si attesta sul rapporto 1 donna ogni 3 uomini.
Siamo convinti che questa sfida non si vinca con scorciatoie comode come quelle delle quote di presenza garantite a priori. Siamo convinti che la strada da seguire sia più profonda e complicata. È una questione culturale. Bisogna investire con determinazione sulle donne e sui giovani. Papa Francesco lo ha ricordato recentemente (Evangelii Gaudium) alla Chiesa e all’umanità. Noi vogliamo raccogliere seriamente e con responsabilità questa indicazione. Vogliamo portare la “parità di genere” tra le priorità della nostra associazione. Uno sport moderno, capace di guardare al futuro, non può rinunciare a vivere in pienezza questa sfida culturale che riguarda tutta la società del nostro tempo. Ci vuole pazienza, ma dobbiamo impegnarci oggi per avere domani più donne e più giovani nei ruoli di responsabilità delle società sportive, del Csi e dello sport italiano.
Ma nello sport? Bisogna distinguere tra pratica sportiva e ruoli dirigenziali. Quanto alla prima, va ricordato che nel 1959 in Italia praticavano sport circa 1,3 milioni di persone, pari al 2,6% della popolazione, percentuale che per le donne era appena lo 0,27%. Da allora di strada ne è stata fatta. Nel 2000 le sportive erano circa 10,7 milioni, pari al 22,7% della popolazione (per i maschi il 37,8%). Nel Csi le donne rappresentano il 34% dei tesserati, e oltre il 35% dei soli atleti.
Non solo numeri: in termini di risultati oggi le donne costituiscono un patrimonio dal valore immenso per lo sport italiano. Si guardi il medagliere azzurro di Londra 2012, dove le nostre atlete hanno saputo regalare grandi emozioni: nel fioretto femminile come nel tiro a volo e nella ginnastica ritmica. Londra 2012 ha mostrato anche come lo sport possa costituire una risorsa per l’emancipazione femminile. Ricordiamo il caso dell’atleta saudita Wojdan Shaherkani, 16 anni e prima atleta donna del suo Paese a partecipare alle Olimpiadi. La sua presenza era stata messa più volte in discussione perché la Federazione Internazionale del judo non voleva che partecipasse con il hijab, come impostole dalle autorità sportive saudite, ottenendo alla fine il permesso di gareggiare con una cuffia, vincendo così una battaglia culturale per tutte le donne del suo Paese.
Diverso è se guardiamo alla presenza delle donne nei ruoli dirigenziali dello sport italiano. Nella giunta nazionale del Coni su 18 componenti ci sono 4 donne: Fiona May, Alessandra Sensini, Valentina Turinisi e Manuela di Centa. Siamo a meno del 20%, ma é già un dato molto positivo. Se però si va a guardare nei “board” delle Federazioni o degli Enti di promozione, la percentuale scende e non di poco. Stessa situazione nella stragrande maggioranza dei direttivi delle società sportive. In casa Csi la presenza di dirigenti “rosa” si attesta sul rapporto 1 donna ogni 3 uomini.
Siamo convinti che questa sfida non si vinca con scorciatoie comode come quelle delle quote di presenza garantite a priori. Siamo convinti che la strada da seguire sia più profonda e complicata. È una questione culturale. Bisogna investire con determinazione sulle donne e sui giovani. Papa Francesco lo ha ricordato recentemente (Evangelii Gaudium) alla Chiesa e all’umanità. Noi vogliamo raccogliere seriamente e con responsabilità questa indicazione. Vogliamo portare la “parità di genere” tra le priorità della nostra associazione. Uno sport moderno, capace di guardare al futuro, non può rinunciare a vivere in pienezza questa sfida culturale che riguarda tutta la società del nostro tempo. Ci vuole pazienza, ma dobbiamo impegnarci oggi per avere domani più donne e più giovani nei ruoli di responsabilità delle società sportive, del Csi e dello sport italiano.