«Se non c’é un gruppo sportivo in parrocchia manca qualcosa»
Il discorso che sabato scorso papa Francesco ha rivolto a tutta l’associazione merita di essere letto e riletto centinaia di volte. Merita di essere appeso nelle bacheche delle società sportive di tutta Italia. Merita di essere “imparato a memoria” da allenatori e dirigenti di tutti i gruppi sportivi, perché quell’intervento di meno di 15 minuti contiene una quantità impressionante di riflessioni che “segnano la strada” per il Csi di oggi e di domani. Proviamo a evidenziarne alcune. ”Scuola, sport e lavoro”. Un tridente d’attacco per eliminare ogni forma di disagio e di devianza dei giovani di oggi e di domani. Eh sì, abbiamo compreso bene. Papa Francesco lo ha detto con chiarezza. Per fare crescere bene le nuove generazioni ci sono tre (e non cento) ingredienti dei quali non si può fare a meno. Uno di questi é lo sport. Nel sentire il Papa che pronunciava queste parole a tanti è venuta la pelle d’oca per l’emozione e la gioia. La responsabilità che papa Francesco ci ha affidato è immensa.
Tra le mani – come educatori sportivi – non abbiamo una bella occasione per i giovani ma uno degli elementi indispensabili per far crescere l’umanità lontano da ogni forma di disagio e devianza. Stessa chiarezza il Pontefice ha usato sullo sport in oratorio. «È bello quando in parrocchia c’è il gruppo sportivo, e se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa. Ma questo gruppo sportivo dev’essere impostato bene, in modo coerente con la comunità cristiana, se non è coerente è meglio che non ci sia! Lo sport nella comunità può essere un ottimo strumento missionario, dove la Chiesa si fa vicina a ogni persona per aiutarla a diventare migliore e ad incontrare Gesù Cristo». Più chiaro di così. Anche perché a braccio quel «se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia manca qualcosa» il Papa l’ha ripetuto due o tre volte. Il Papa ha poi ricordato a ciascuno di noi quale è il nostro carisma originale che dobbiamo custodire e alimentare: «Mi raccomando: che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù. E vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno attraverso lo sport con i ragazzi delle periferie delle città: insieme con i palloni per giocare potete dare anche ragioni di speranza e di fiducia per vivere». Infine, come capitano ha detto chiaro e tondo che cosa si aspetta da noi: «Allora, auguri al Centro Sportivo Italiano per i suoi 70 anni! E auguri a tutti voi! Ho sentito prima che mi avete nominato vostro capitano: vi ringrazio. Da capitano vi sprono a non chiudervi in difesa: non chiudetevi in difesa, ma a venire in attacco, a giocare insieme la nostra partita, che è quella del Vangelo». Di queste cose si parlava sabato sera sui treni, sui pullman e nelle macchine di migliaia di persone che da Roma facevano ritorno a casa.
La gente non riusciva a contenere l’entusiasmo. Siamo stati sommersi da centinaia e centinaia di e-mail.
Tutti a dire che avevano vissuto una giornata indimenticabile, ma anche sentito parole che regalano fiducia e speranza. Di queste cose si parlerà ora in ogni società sportiva. Si parlerà non con la bocca ma con la vita.
Quello che vogliamo fare non è ripetere le parole di papa Francesco, ma testimoniarle ogni giorno nel nostro stare con i ragazzi.