Quelle tante occasioni di fare del bene ai nostri ragazzi
L’altra sera in una riunione di una società sportiva un allenatore ha sorpreso tutti. Alla domanda che cosa non è andato in questa stagione, ha risposto così: «Non sono andato bene io. L’altro giorno, infatti, Matteo è venuto da me e mi ha lasciato la borsa, stretto la mano e detto che lui non giocherà più con noi. Sono rimasto di sasso. Solo in quel momento ho capito che avevo passato dieci mesi ad arrabbiarmi con lui, perché non eseguiva bene gli esercizi, perché arrivava tardi agli allenamenti. Solo allora ho capito di averlo lasciato in panchina quasi senza degnarlo di uno sguardo dicendogli spesso con freddezza “scaldati” quando mancavano dieci minuti alla fine. Eppure io a Matteo ho sempre voluto bene. Ho capito solo al rilascio della borsa di non essere stato capace di dimostrarglielo, dando più importanza al giocatore (scarso) che a Matteo come persona. E adesso di questi dieci mesi non mi rimane in mano nulla. Vorrei allenare di nuovo Matteo e comportarmi diversamente con lui ma non avrò più la possibilità di farlo. Ora posso perdere qualsiasi partita, qualsiasi finale, perché la mia più grande sconfitta è stata aver guardato Matteo negli occhi. Solo ora ho capito che allenare è un’occasione meravigliosa per amare i ragazzi. Che i ragazzi non si amano a parole o con belle teorie educative o pedagogiche. I ragazzi si amano nei piccoli gesti, standogli accanto, non perdendo l’occasione di dimostrargli il nostro affetto durante ogni allenamento, partita, incontro, chiacchierata. Con Matteo non sono stato capace di farlo perché ero tutto preso ad arrabbiarmi per le cose che sbagliava e per come si comportava. Chissà se un giorno potrà perdonarmi». Queste parole sono uscite dalla bocca di un impiegato che fa i salti mortali per arrivare puntuale agli allenamenti in oratorio alle 17.30 dopo il lavoro. Sono uscite dalla bocca di un uomo che non ha mai studiato psicologia o pedagogia. Sono parole dette nello scantinato di una piccola società sportiva in una riunione di fine anno come tante. Sono, però, parole che meriterebbero di essere scritte nei più grandi trattati di educazione del mondo. Per questo abbiamo pensato di condividerle con tutti voi. Aggiungendo infine le parole di Bruno Ferrero. «Ricordi il giorno che presi a prestito la tua macchina nuova e l’ammaccai? Credevo che mi avresti uccisa, ma tu non l’hai fatto. E ricordi quella volta che ti trascinai alla spiaggia, e tu dicevi che sarebbe piovuto, e piovve? Credevo che avresti esclamato: “Te l’avevo detto!”. Ma tu non l’hai fatto. Ricordi quella volta che civettavo con tutti per farti ingelosire, e ti eri ingelosito? Credevo che mi avresti lasciata, ma tu non l’hai fatto. Ricordi quella volta che rovesciai la torta di fragole sul tappetino della tua macchina? Credevo che mi avresti picchiata, ma tu non l’hai fatto. Sì, ci sono tante cose che non hai fatto. Ma avevi pazienza con me, e mi amavi, e mi proteggevi. C’erano tante cose che volevo farmi perdonare quando tu saresti tornato dal Vietnam. Ma tu non l’hai fatto. Ma tu non sei tornato. Una regola d’oro: passeremo nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque, che possiamo fare o la gentilezza che possiamo manifestare a qualunque essere umano, facciamoli subito. Non rimandiamolo a più tardi, né trascuriamolo, poiché non passeremo nel mondo due volte».