24 settembre 2015

Caro sindaco, il diritto al gioco non si nega a nessuno

Fa riflettere quanto accaduto a Mortara nel pavese. Una cooperativa sociale (Faber) che ospita un gruppo di migranti decide di mettere su una bella squadra di calcio. Gli allenamenti cominciano subito. Ci si allena al mattino, in un campo nella periferia della città, vicino al cimitero. È lo stesso impianto sportivo utilizzato dal settore giovanile del Mortara calcio.

Solo che gli allenamenti dei ragazzi cominciano al pomeriggio. Quindi la mattina il campo è vuoto e inutilizzato. L’impianto è comunale e così - non si capisce bene perché arriva il divieto da parte del Sindaco di utilizzare questo campo da parte dei migranti. La motivazione addotta è piuttosto generica: «Così vuole la gente, ho ricevuto molte proteste da parte dei cittadini e io, come primo cittadino, devo tenerne conto». Dopo un vertice nella Prefettura di Pavia molti comuni limitrofi a Mortara decidono di offrire un proprio campo di calcio per far allenare la squadra di migranti. Non vogliamo entrare più di tanto nel merito della vicenda che, sinceramente, conosciamo solo per come riportata dalle colonne dei giornali. È chiaro però che “«il diritto a giocare non si nega a nessuno”. Non importa né la provenienza, né il colore della pelle, né la sua religione, se ha più o meno qualità, se possiede una sola gamba, se... Il diritto al gioco è per il Csi un diritto inalienabile di ogni persona. Ragionando all’opposto del Sindaco di Mortara.

Siamo e vogliamo essere “talentscout” nell’andare a scovare tutti quelli che non vogliono o non possono giocare. Una volta trovati, ci inventiamo di tutto per trascinarli su un campetto e per mettergli tra le mani o tra i piedi un pallone. Sì, stiamo parlando del ragazzo “cicciottello” che in classe tutti prendono in giro; o dei ragazzi che passano interi pomeriggi davanti alla PlayStation; o dei ragazzi “difficili” delle nostre periferie urbane; dei disabili mentali e fisici che spesso si ritrovano chiusi tra le mura di casa loro; di chi vive l’esperienza del carcere; di chi, per mille motivi, finisce ai margini della vita; quei bambini che abitano nelle periferie del mondo, quei migranti che arrivano nel nostro Paese e tanti, molti altri. Il Csi fa il contrario di un agente di calciatori. Chi gestisce campioni affermati è, infatti, sempre disperatamente alla ricerca dei campioni di domani per farne altre macchine da soldi. Noi cerchiamo “quelli deboli”, “quelli che non vuole nessuno”, quelli per i quali lo sport rappresenta un’occasione per riacciuffare la vita tra le mani. Ecco perché al Csi l’idea della squadra messa in piedi dalla cooperativa Faber, a Mortara, sembrava essere proprio una bella notizia. Se Nelson Mandela fosse ancora in vita forse farebbe un salto a Mortara per gridare ancora in piazza quel suo epocale «lo sport può cambiare il mondo!». Ma, al di là di questo episodio ne rimane di strada da fare per portare lo sport a “tutti e dappertutto”.

Il Centro Sportivo Italiano dal 1944 ad oggi è in cammino quotidiano.

 

L'angolo del Presidente

Caro sindaco, il diritto al gioco non si nega a nessuno

Massimo Achini

Presidente Nazionale