14 luglio 2016

Fernando Santos, l’esempio di una fede da vivere in campo

Chissà se lunedì mattina la prima cosa che avrà fatto Fernando Santos, ct del Portogallo Campione d’Europa, è stata pregare e leggere le letture della liturgia del giorno. È ormai sua abitudine ogni mattina dal 1994, quando è tornato a vivere la fede, dopo anni di distanza dalla Chiesa. Forse non molto conosciuto come allenatore, è salito alla ribalta domenica scorsa, quando il tiro dalla lunga distanza di Eder, ormai al termine dei tempi supplementari, ha regalato al Portogallo il suo primo Campionato d’Europa battendo in finale la favorita Francia. Ingegnere elettronico, professionista serio, uomo schietto e discreto anche quando è stato adottato da un mondo che vive di spettacolo. Felicemente sposato con Guilhermina, padre di due figli, Catia e Pedro, alla vigilia dell’Europeo non ha paura di dichiarare che «il calcio non significa nulla se confrontato con i veri valori della vita, come la paternità e l’amicizia. Nulla, zero».

Eppure il calcio è sempre stata la sua professione: prima come giocatore nella prima divisione portoghese e poi come allenatore delle squadre più forti di Grecia e Portogallo e delle rispettive squadre nazionali. Fernando Santos non ha mai nascosto la sua fede. Nato in una famiglia cristiana dove la pratica religiosa non era particolarmente forte, ha fatto la Prima Comunione, ha partecipato al catechismo e ricevuto la Confermazione e poi si è stancato: «Credevo nell’esistenza di Dio e poco più». Tuttavia non ha mai smesso di pregare l’Angelo Custode, fin da piccolo, altrimenti non prendeva sonno. Qualcosa è cominciato a cambiare quando sua figlia maggiore ha iniziato il cammino di preparazione per la Cresima. È stata l’occasione per entrare in contatto con un prete, per parlare con lui, per leggere alcuni libri... non voleva vivere il cammino di sua figlia da spettatore.

La famiglia è fondamentale: «Tutto comincia lì. Se non riusciamo a cambiare all’interno della nostra famiglia come potremo cambiare la grande famiglia che sta attorno a noi, la società?». Dopo parecchi anni Fernando Santos ha ricominciato ad andare in chiesa con sua moglie, ma non riusciva a sentirsi a proprio agio: «Vedevo molte persone accostarsi alla comunione ma io non me la sentivo...». Dopo un po’ di tempo ha trovato il coraggio di confessarsi. Era il 1994: «Sono andato a mettere ordine nella mia testa e quello che ho capito è che Cristo è vivo in ciascuno di noi… allora ho capito che dovevo alimentare la mia fede e che potevo alimentare la mia fede con l’Eucarestia». Così ha cominciato a partecipare alla Messa con maggior frequenza e ad accostarsi alla Comunione. «Essere cattolico è un impegno molto grande – ricorda il tecnico lusitano – perché crediamo che Cristo è risorto ed è vivo. Non possiamo evitare di dare questa testimonianza in qualsiasi professione che pratichiamo». Il momento preferito del tecnico portoghese è quando sta davanti al Santissimo Sacramento: «Il luogo in cui mi trovo più a mio agio per parlare con Lui è il tabernacolo, perché Lui è lì». E chissà cosa gli avrà detto dopo il trionfo di domenica sera.

L'angolo del Consulente Ecclesiastico Nazionale

Fernando Santos, l’esempio di una fede da vivere in campo

Don Alessio Albertini

Consulente Ecclesiastico Nazionale