Il pane e il vino per sostenere il nostro servizio pastorale
Ho cercato in questi giorni di comprendere come vivere e cosa possa dire il Congresso Eucaristico Nazionale – che la nostra Chiesa Italiana vivrà nel prossimo weekend – ai tanti dirigenti, allenatori e volontari del Centro Sportivo Italiano che si apprestano a dare inizio alla nuova stagione sportiva.
Stavo andando per un incontro con una società sportiva e, assorto nei miei pensieri, non mi sono accorto e ho inciampato nello “zerbino” che stava all’ingresso. Anche lì, come all’ingresso delle case, delle chiese, degli uffici c’era uno zerbino per impedire che si introduca il fango e la polvere. Esistono zerbini di materiale diverso, di varie forme e di vari colori ma tutti servono ad un solo scopo: pulirsi le scarpe. Siccome serve apulire le scarpe, lo zerbino si mette sotto i piedi, e naturalmente non si lamenta perché quello è il suo posto.
E più sono sporche le scarpe, più vigoroso deve essere lo sfregamento.
D’altra parte, lo sappiamo bene noi cristiani, “il Figlio dell’uomo è venuto per servire e non per farsi servire”. Lo zerbino non fa distinzioni e sopra di lui passano le scarpe coi tacchi che pungono come spilli, i sandaletti leggeri che sembrano carezze e le suole carrarmato degli scarponi violente come graffi. Lo zerbino non si rifiuta e pulisce tutte le scarpe per essere come il Padre che “nella sua misericordia a tutti è venuto incontro, perché coloro che lo cercano lo possano trovare”. Quando il tempo è bello e non c’è fango né polvere, in quelle mattine limpide di primavera fatte apposta perché tutti si sentano contenti, si potrebbe pensare che lo zerbino sia inutile e qualcuno potrebbe andare ad irridere lo zerbino, dicendogli: “Tu non servi proprio a niente”. Ma ricordiamo il detto evangelico: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati”. Infatti, lo zerbino torna ad essere utile dove piove molto, e chi viene a trovarci deve percorrere strade infangate. Lo zerbino non attira l’attenzione, e nessuno, quando invita a visitare la sua casa mostra lo zerbino. Non è necessario che sia esteticamente bello. Il suo orgoglio è di essere utile, di servire alla bellezza della casa. Così anche noi, quando abbiamo fatto tutto quello che ci è stato chiesto, dobbiamo dire: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. Tanti, anche tra noi volontari dello sport, potrebbero obiettare: “Ma che sarà della mia dignità, delle mie competenze, della mia carriera…?”. Davanti a queste domande anch’io resto senza parole e deve ammettere che, rialzatomi dal capitombolo, sono tornato davanti all’Eucarestia, presenza di un Dio che esce da se stesso per salvarci, gesto supremo del sacrificio della Croce di Gesù che: ”Venuta l’ora di essere glorificato da te, Padre santo, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. In forza di questo pane e questo vino ciascuno di noi è chiamato continuamente a dare il meglio di se stesso per ogni uomo e donna che incontra nella sua società sportiva.