Giubileo, la società sportiva nuova opera di misericordia
Nella poesia di Natale “La notte santa”, Guido Gozzano immagina che Maria e Giuseppe avessero bussato alla porta di ben cinque tra alberghi e ostelli prima di trovare un rifugio per dare alla luce il loro bambino, al riparo dalla neve e dalla notte, scaldati da un asino e dal bue: “perché non c’era posto per loro nell’albergo”. Per generare e mettere al mondo il Figlio di Dio c’è stato bisogno di un luogo e di una casa, capace di accogliere la vita e la felicità che ogni nascita procura. Mi piace pensare che nell’incerto peregrinare di tanti ragazzi e giovani alla ricerca della felicità possa esserci un approdo sicuro nelle nostre società sportive.
Una porta aperta dove sperimentare di essere attesi, un rifugio sicuro per ripararsi dai venti impetuosi di una gioia passeggera, una relazione che accompagna nel mondo. Le nostre società sportive non dovrebbero essere soltanto luoghi in cui si offrono servizi, ma capaci di generare alla vita, di far nascere le potenzialità di un uomo o di farle rifiorire dopo averle dissipate. Una società sportiva è l’occasione per tanti di una seconda possibilità perché può favorire le condizioni di una vita più vera e più ricca dopo aver sperimentato solo fallimenti o false illusioni, giudizi umilianti o sguardi indifferenti. Le nostre società sportive devono diventare una valida alternativa a una cultura dello sport, e non solo, che ci circonda, in cui vale solo chi è bravo, chi è capace, chi ha il curriculum, chi sa farsi largo, chi ha i trofei… e che ci vorrebbe tutti così. Invece, in esse, sperimentare una disuguaglianza che vuole promuovere il più debole per sostenerlo e accompagnarlo a scoprire la bellezza della sua persona e il suo contributo per il bene del mondo. Una società sportiva può essere un valido aiuto alle nostre parrocchie perché è un modo per attualizzare il Vangelo e renderlo ancora vita. Perché una società sportiva deve essere concretezza; organizzando sì partite ed allenamenti ma trovando la sua anima nell’accoglienza, nel voler bene e nel prendersi cura. Ha a che fare con persone concrete, con volti e non solo con tessere. Deve diventare amore incarnato. Usare il linguaggio della sollecitudine, dell’abbraccio, fatto di gesti e di azioni. Si ritorna alla dimensione umana dell’amicizia dove siamo liberi di stare accanto all’altro con semplicità fraterna. Non esistono manuali capaci di indicare quali sono le scelte che una società sportiva deve compiere perché le domande di chi bussa alla sua porta sono diverse e sempre impreviste.
Papa Francesco, al termine del Giubileo della Misericordia ce ne indica una: «Siamo chiamati a dare volto nuovo alle opere di misericordia che conosciamo da sempre. La misericordia, infatti, eccede; va sempre oltre, è feconda».
Ogni società sportiva può essere davvero una nuova opera di misericordia che il Csi mette in campo. Lo diventa quando non si rassegna al “così fan tutti” e si impegna a inventare nuovi modi per sperimentare la miracolosa capacità di mettere al mondo nuovi figli. Il più bel regalo di Natale.