In campo per vincere la finale del campionato educativo
Quanto avvenuto giorni fa a Modena, ai bordi di un campo di calcio d’oratorio, al termine di una partita tra ragazzini, è di una gravità incontestabile: quando un genitore perde la testa e fa cose che nessun uomo di buon senso dovrebbe mai fare, al termine della partita di calcio alla quale ha partecipato il proprio figlio, non ci sono scusanti. La notizia ha peraltro conquistato in breve il podio nelle news più lette o cliccate del giorno, lasciando magari intendere a tanti che il clima diffuso sia questo. Non è vero.
Senza nulla togliere alla gravità dell’accaduto, si tratta di un episodio isolato, eccezionale nella sua gravità e dal quale noi dobbiamo trarre insegnamento per tornare con umiltà a prendere atto dei nostri limiti e non perdere coraggio e fiducia nella nostra comunità.
Abbiamo sempre saputo che la missione educativa con lo sport non si esaurisce in belle parole scritte nei programmi, e neppure nello sforzo quotidiano di tanti dirigenti e allenatori e quindi sbaglia chi pensa che per conseguire buoni risultati basti continuare a ripetere enunciati educativi, morali ed etici. Ma sbaglia anche chi pensa che sia una fatica inutile. Occorre avere la consapevolezza che la partita della formazione e dell’educazione attraverso lo sport è una partita che si può vincere e vincendola, ottenere risultati concreti. È una partita difficile, che comporta anche momenti di difficoltà e sonore sconfitte, come quella subita a Modena, ma va giocata anche guardando oltre la siepe della sfiducia. Ho l’abitudine di cercare, nella quotidianità, le notizie buone e ho pensato con gratitudine, per esempio, ai nostri dirigenti del Csi di Faenza che proprio oggi propongono in Vescovado un interessante convegno su “Genitori a bordo campo” per focalizzare l’attenzione sul ruolo dei genitori, che rappresentano una componente basilare nell’attività sportiva dei figli. Sono loro infatti ad accompagnarli a fare sport, a partire dalla scelta iniziale sulle discipline da intraprendere, al fianco dei figli a casa e spesso in tribuna per assistere, il più delle volte in maniera civile, alle gare. Ci vuole coraggio, di questi tempi, ad organizzare un convegno su questo tema, ci vuole bravura ad ottenere la partecipazione dei genitori, degli allenatori, dei dirigenti delle società. La realtà positiva è questa e da qui dobbiamo passare se vogliamo vincere la finale del campionato educativo attraverso lo sport. Non ho dubbi che sia difficile, che a volte la voglia di lasciar perdere e di stare un po’ a vedere dove va questo mondo tanto strano, sia forte. Ma siamo il Centro Sportivo Italiano ed abbiamo un compito sublime anche se impegnativo: proporre uno sport che esalti le buone qualità delle persone, donne e uomini, che proprio attraverso la pratica sportiva condividano una visione positiva, cristiana, della vita. È nostro preciso dovere tener fede a questo impegno.