Carissimi vescovi, aiutateci ad allenare i giovani sportivi
Dal 22 al 25 maggio a Roma si sono ritrovati tutti i Vescovi italiani per la loro assemblea annuale. Ha sancito il passaggio di testimone tra il Cardinale Bagnasco al Cardinale Bassetti alla guida della Conferenza Episcopale. È stata anche l’occasione per avviare una riflessione comune sul prossimo “Sinodo dei Giovani” che si svolgerà l’anno prossimo. Per questa ragione, al tavolo dei lavori, è stato invitato anche il sottoscritto a rappresentare il Centro Sportivo Italiano. Un importante riconoscimento alla nostra associazione per il lungo e proficuo lavoro con le giovani generazioni ma anche una grande responsabilità che invita a non omologarci semplicemente alle logiche dello sport di oggi. Ho fatto presente, in sede di lavori di gruppo e poi in assemblea plenaria, che il Csi è un’associazione con un milione e duecentomila iscritti. Di questi più della metà sono giovani. Tuttavia nessuno di questi, o forse sarebbe meglio dire quasi nessuno, si è iscritto perché aveva il desiderio di essere educato o era alla ricerca del senso della vita ma semplicemente perché “voleva giocare”. La vera sfida che lancia il Csi è che possano incontrare qualcuno che, dentro questa esperienza, li accompagni, li ascolti, li provochi e li faccia crescere. E’ un popolo numeroso quello dello sport, che non può essere dimenticato. È un popolo che vive tempi lunghi nell’ambiente sportivo. È un popolo che si sente protagonista per quello che fa. Per questo ha bisogno anche di guide sicure e autorevoli che si compromettano con la loro voglia di giocare. Non diamo per scontato che lo sport sia di per sé educativo. Lo diventa nella misura in cui chi lo guida, lo organizza e lo gestisce ha veramente a cuore la vita intera di questi giovani. Un Vescovo ricordava che la prima cosa necessaria è “lo sguardo d’amore” nei confronti di un giovane. Chi non si sente accolto ma solo sopportato, giudicato, o peggio sfruttato, non intraprenderà mai un serio cammino di crescita. Anch’io ho ricordato che la grandezza di un allenatore moderno si dà nella sua capacità di relazionarsi con i suoi atleti, di creare con loro un rapporto franco e sincero. E poca importa se non vengono subito i risultati. Anche Gesù, con i due discepoli di Emmaus, ha dovuto percorrere un bel tratto di strada prima di farsi riconoscere. Ma in quei chilometri ha scaldato il cuore, ha contagiato, ha purificato il desiderio. Semplicemente standoci. E parlando con loro. Attenzione però al linguaggio perché ciò che è scontato per noi magari non lo è per lo sportivo. Ciò che normalmente nel discorso pastorale è inteso come “ritiro” per un atleta è facilmente confuso con “prepartita” e si rischierebbe l’incomunicabilità. Questa, forse, è la sfida più grande che è lanciata al Centro Sportivo Italiano perché diventi veramente missionario: scendere in campo con figure credibili e attrattive. C’è bisogno di formazione e non solo di passione sportiva. Vogliamo metterci accanto ai nostri Vescovi in questa affascinante impresa.