Il Coni cambia «Registro»: inammissibili alcuni sport
Siamo ormai alla vigilia della entrata in vigore della delibera del Consiglio Nazionale del Coni, di cui si è fatto un gran discutere in questi mesi, che va ad elencare quelle attività sportive che possono di fatto fregiarsi del titolo di “disciplina sportiva ammissibile”, escludendone di fatto molte altre, ad esempio il dodgeball, lo yoga e il burraco. Il Coni riconosce 102 sport, articolati in 385 discipline.
Da settembre in tal modo diverse centinaia di società sportive si troveranno di fatto ad essere escluse dal Registro Nazionale delle Associazioni Sportive Dilettantistiche, e dai conseguenti benefici fiscali, perché svolgono una attività che di fatto non è più riconosciuta come “sportiva” dal Comitato Olimpico. Le ragioni che stanno dietro a questa decisione sono forse legate proprio ai benefici fiscali che il riconoscimento concede alle associazioni sportive, concessi in passato con manica forse un po’ troppo larga, se è vero che qualche ente di promozione sportiva ha probabilmente abusato della libertà decisionale che le regole permettevano.
Ma, lo sappiamo bene, l’Italia è il Paese nel quale in un sol giorno si riesce a passare dal “troppo” al “nulla”; il Coni è intervenuto direttamente e, senza reali possibilità di mediazione, ha compilato velocemente la lista dei “buoni” (discipline ammesse) e dei “cattivi” (discipline escluse). E lo ha fatto non solo sottraendo agli enti di promozione la loro peculiare autonomia operativa e decisionale, ma soprattutto seguendo la propria genetica coscienza olimpica. Una sensibilità che inevitabilmente orienta le scelte verso discipline “federali” ed estromette invece quelle numerose e molteplici attività ludico–motorie che si svolgono più spesso all’interno delle piccole società di paese o nelle parrocchie come pure tutte quelle nuove e divertenti discipline di nicchia “orfane” del riconoscimento di una prestigiosa federazione, ma che trovano casa appunto presso gli Enti di Promozione e che oggi riescono a formare e a divertire decine di migliaia di giovani.
Il Centro Sportivo Italiano crede che la creazione di un organo, al di sopra delle parti, che sappia riconoscere la dignità di uno sport tradizionale, anche non “federale”,possa restituire a tante associazioni che operano nella legalità e per il bene delle persone, quel posto che meritano. E’ evidente il segnale dell’ente a cinque cerchi di scoraggiare la formazione di associazioni fittizie che trarrebbero beneficio dai vantaggi e dalle agevolazioni, ma forse è il tempo in cui il massimo organismo dello sport nazionale riesca a vedere, attorno al mondo delle classiche “Federazioni”, come stia crescendo un enorme fermento di motricità e aggregazione sportiva, che tanto bene fa al fisico delle persone quanto alla loro voglia di stare insieme, che sia benefico per la occupazione lavorativa di tanti operatori quanto per la salute sociale ed educativa di tutto il Paese.