La sfida più grande: una nazione sportiva a misura di persona
Nel 2017 è evidente il protagonismo “sportivo”, che abbraccia tutta la società civile, influenzando mode, usi, costumi, ma anche vita ed aspirazioni, in particolare dei giovani. Evidente anche la confusione, tra chi deve governarne i processi, svilupparne i contenuti, garantirne la fruibilità per tutti e a tutte le età. Un sistema complesso, articolato in più forme che vanno dal professionismo al dilettantismo, dallo sport istituzionale alle nuove dinamiche aggregative, toccando ambiti quali salute, benessere, gioco, relazioni, persino le regole. La crescita del movimento sportivo è l’ennesimo buon segnale che va colto e il merito è gran parte della rete associativa di base diffusa in quasi tutti gli 8mila Comuni d’Italia. Qui sta il nocciolo: una rete di base, fondata sul volontariato, che si confronta da anni con un sistema legislativo sempre più complesso, spesso difficilmente interpretabile proprio perché consolidato in decenni di correttivi normativi, senza una legislazione organica di sistema; una rete che oggi è iper responsabilizzata, senza vere competenze, strumenti e risorse adeguate per garantire quel presidio di comunità che ormai esercita quotidianamente. Da qui dovrebbe partire ogni riforma sullo sport, da qui si dovrebbe attingere per le leggi Finanziarie, le linee guida Coni ma anche per il Terzo Settore. La rete delle società sportive minori, rappresentate da enti come il Csi, ha sviluppato capacità di proporre e gestire lo sport a livello base. Per noi contano la formazione, l’educazione, la condivisione, la qualità di una proposta a misura di persona. Per far ciò non è necessario essere professionisti ma essere più attenti a sviluppare e governare i fenomeni culturali, sociali, le relazioni che rappresentano la vita quotidiana della gente. I dirigenti e i tanti volontari che rappresentano le colonne portanti del Csi, sanno gestire impianti, qualificare servizi ed educatori, tenere in equilibrio i conti, rispettare norme anche se sempre più in contrasto con la realtà. Va riconosciuto al Ministro Lotti di averci provato, di avere proposto in finanziaria degli interventi di armonizzazione, oltre a qualche risorsa di sistema: è la prima volta da anni. C’è ancora molto da fare, chiarendo competenze e ruoli, ed è assodato che oggi l’impegno deve essere “di sistema”: compiti diversi ma convergenti verso un unico fine. Bisognerebbe introdurre quel “fattore sport” per sostenere lo sport, elemento fondamentale della vita delle persone e delle comunità, in un concetto più ampio di benessere e di corretti stili di vita: con tali premesse tutte le nuove forme associative ed economiche, compresa la società sportiva lucrativa, avrebbero un significato chiaro e ben definito. Oggi rischiamo di fare competere tra loro vari sistemi sportivi che invece che definire i contorni di possibili alleanze, rimarcano con forza le rispettive distinzioni. Occorre una responsabilizzazione della politica in materia di sport. Potrebbe essere utile, con risorse proprie e strumenti legislativi, costituire un vero e proprio Ministero dello Sport, potenziando l’azione sociale ed anche economico/sociale dello sport, trasversale alla maggior parte delle politiche pubbliche e private, con una forte vocazione all’interno del Terzo Settore italiano. Giochiamo per vincere la nostra sfida più grande: una nazione sportiva a misura di persona.