In ogni maglia è raccolta tutta la meraviglia del possibile
Tra pochi giorni prenderà avvio la nuova edizione della Clericus Cup, torneo calcistico riservato a sacerdoti e seminaristi.
Anche loro giocano e provano l’emozione della sfida fatta di scatti, dribbling, tiri e gol. Ma soprattutto, anche a loro è data la responsabilità di far partire dal campo all’ombra del Cupolone l’impegno che anima l’attività sportiva del Centro Sportivo Italiano: l’uomo viene prima di ogni vittoria. Questo messaggio troverà spazio sulle maglie degli atleti ed è riassunto nel titolo del nuovo inno del Csi: “Dove ogni maglia ha un’anima”. Si giocherà al ritmo della musica e delle parole di Marco Spaggiari, leader dei Controtempo, per ricordarsi che ciascuno ha una storia da vivere impegnandosi “a dare tutto quello che ha”. Una volta i numeri delle maglie identificavano i ruoli, e i ruoli raccontavano i vizi e le virtù di chi li portava sulle spalle. Il numero 1 era il portiere, con la sua lucida follia, il suo essere “l’aquila solitaria”, loquace o silenzioso sentiva la sua porta come un regno da difendere a tutti i costi, volando da un palo all’altro. Il 4 era il mediano di spinta, con lo sguardo da trincea, gambe storte in marcatura senza lasciare respiro all’avversario con la maglia numero 10, che possedeva il dono del talento e del tunnel facile. Era un duello affascinante, epico, con quel mediano che aveva l’ordine di seguire quel 10 anche nello spogliatoio, a casa... Il 9 era il centravanti, il goleador, capace di rovesciate incredibili e colpo di testa in tuffo, ossessionato per il gol. Il 7 era l’ala destra, il ribelle.
Sulla fascia destra correva e dribblava, raccontava storie, ricamava poesie, era il più fragile, era il vero genio solitario. Oggi non è più così, da quando è stato introdotto il gioco a zona. Le cose sono un po’ cambiate. I numeri raccontano altre vicende. Puoi avere il 33 ed essere indifferentemente un fluidificante o un centrale di centrocampo. Ma a noi non interessa il numero perché siamo convinti che sotto ogni maglia c’è un’anima “con i colori che la vita ti assegna” e chiede a ciascuno di indossarla “come una pelle in cui giocare chi sei”, senza paura di sbagliare un gol, perché sono altre le cose veramente importanti, non solo nel calcio, ma anche nella vita. Ascolta “la voglia di libertà”, autentica energia dello sport, che in questi tempi è soffocata da campionismo e vittoria esasperata. Accetta che “un uomo solo non può andare da sè” perché siamo fatti per l’incontro e per il dono. Non semplici fotocopie uguali l’una all’altra ma originali che convergono per il bene di tutti. Danza al ritmo di “oh,oh,oh,oh” perché dove meno te l’aspetti può saltar fuori l’impossibile, come diceva Galeano: «il nano impartisce una lezione al gigante, un nero allampanato e sbilenco fa impazzire l’atleta scolpito in Grecia».