Un fisco agevolato per le famiglie con persone disabili
Travolto dal fiume in piena del dibattito politico nazionale ormai concentratosi su due temi – reddito di cittadinanza e superamento della Legge Fornero, mentre il tema dell’immigrazione sembra scivolato, in Italia, in secondo piano, – il confronto sull’inclusione sociale nella pratica sportiva sembra eclissato. È invece un tema (non un problema) di particolare rilevanza per un significativo passo in avanti della nostra comunità, ed un concreto miglioramento sociale, civile e culturale. Torno alla proposta che il Csi e il Forum Nazionale delle Associazioni Familiari inoltrarono nel luglio scorso all’on. Lorenzo Fontana, ministro per la Famiglia e la disabilità, e all’on. Giancarlo Giorgetti, Sottosegretario di Stato, con delega allo sport. Oggi gli esponenti del Governo si trovano ad affrontare diverse e complesse questioni, ma la richiesta resta sempre attuale, poiché intende dare continuità ad un percorso virtuoso, in atto da anni, che ha progressivamente tolto i disabili e le loro famiglie dall’isolamento e dalla emarginazione sociale. Torniamo perciò a chiedere al Governo di riprendere con decisione l’iter approvativo delle norme che facilitano, attraverso lo sport, l’effettiva inclusione sociale delle persone con diversa abilità. La premessa di luglio era che «negli ultimi anni si è sviluppata sul territorio nazionale una fitta rete di esperienze di alfabetizzazione motoria, o anche di attività sportiva vera e propria, che riguardano persone diversamente abili, superando l’età della pietà per arrivare a quella della consapevolezza, della pari dignità, dei pari diritti e del rispetto fra qualsiasi essere umano». Avevamo sottolineato le positive esperienze nel contrasto all’esclusione della disabilità, sia fisica sia cognitivo–comportamentale. Per stare sul concreto abbiamo ricordato i «grandi progressi ottenuti nel campo della gestione dell’autismo se trattato nell’ambito di attività ludico–sportive, prima singolarmente e poi di gruppo». Così abbiamo proposto una modifica della legge attuale, che prevede un piccolo aiuto alle famiglie che sostengono l’attività motoria dei figli disabili, assolutamente non congruo e non più in linea con i tempi. Chiedendo inoltre di incidere sul sistema fiscale per aiutare le famiglie a favorire l’attività motoria e sportiva dei propri figli, anche oltre i 18 anni, perché i benefici si consolidano se duraturi negli anni. Perché infatti non estendere la detraibilità Irpef delle spese per attività sportive anche ai casi di figli maggiorenni? Lo Stato è vero rinuncerebbe così a una piccola quota di introiti garantita dalle tasse pagate dalle famiglie delle persone disabili, ma in questo modo farebbe la cosa giusta, con una scelta di campo etica e sociale. La credibilità di un ordinamento statale si misura dalla capacità di avere cura delle persone più fragili. Aiutare le famiglie delle persone disabili equivale ad investire in benessere sociale, in salute, in coesione della comunità. Si tratterebbe in fondo di un investimento con un ritorno di interesse molto alto. Occorre ora avere coraggio, come in qualsiasi iniziativa lungimirante. Investire sull’inclusione sociale delle persone più fragili significa infine – ed è il risultato più significativo – diffondere modelli educativi ai quali bambini, e ragazzi possano rivolgersi con fiducia. La forza morale di un bambino disabile, la sua testimonianza del senso della vita, la gioia delle piccole cose la costanza dei loro genitori, sono elementi di grande ricchezza socio–educativa e morale.