Verso il Sinodo. «Non ci sono più i giovani di una volta»
Credo sia capitato un po’ a tutti di sentire la storica frase: «non ci sono più i giovani di una volta ». L’ho sentita ripetere tante volte nelle riunioni parrocchiali davanti alla scarsa presenza giovanile alle liturgie. Me l’hanno ripetuta in varie confidenze tanti genitori scoraggiati nel loro compito educativo. È il ritornello di molti insegnanti che non sanno come fare ad appassionare allo studio. Lo riconoscono gli allenatori quando devono gestire le squadre. Non possiamo nascondercelo: qualche volta l’abbiamo pensato anche nelle nostre società sportive. Pur ammettendo un fondo di verità nell’espressione dal momento che viviamo in questo tempo presente in cui vivono questi giovani, e non quelli di una volta, dobbiamo anche con coraggio riconoscere che forse non ci sono i giovani che noi vorremmo. Quelli disponibili ai nostri desideri, capaci di assecondare le nostre attese, bravi nell’obbedire ai nostri comandi… insomma, fatti a nostra immagine e somiglianza. Ma la giovinezza è per sua natura la stagione della vita in cui irrompe il nuovo, fatto di sogni e creatività, in cui la fantasia si fa immaginazione, l’avventura guida i passi verso ciò che non è ancora stato esplorato. È proprio del giovane pensare alla vita come un futuro promesso da conquistare e non come un passato da conservare. Mercoledì 3 ottobre, a Roma, inizierà il Sinodo dei Vescovi, che metterà al centro proprio i giovani. Non un momento per l’ennesima analisi sociologica o la ricerca di facili soluzioni come se i giovani fossero solo un problema da risolvere. Neppure una riflessione teologica, magari con slogan ormai stantii, per riempire nuovamente le chiese con chissà quali trovate originali. Semplicemente sarà l’occasione, voluta da Papa Francesco, per ascoltare i giovani e appassionarsi alla loro vita: «Prendersi cura dei giovani non è un compito facoltativo per la Chiesa». Questo potrà voler dire rendersi conto che oggi non ci si può più accontentare di una pastorale di attesa negli ambienti ecclesiali ma di coraggioso viaggio verso gli ambienti dove un giovane oggi vive la sua giovinezza. Lo sport, anche riconosciuto nel documento guida del Sinodo, è uno di questi mondi vitali. Non un’invasione di campo con il piglio del conquistatore ma dell’amico più grande che vuole fare un tratto di strada insieme per accompagnare nella vita. Una presenza discreta ma reale, che si mette accanto con lo stesso passo senza aver già deciso in anticipo tutte le mosse da compiere, accettando l’imprevedibilità. Una compagnia che può lasciare un segno. La vita di ogni giovane è anche una vocazione, cioè una chiamata ad un compito. Ciascuno deve fare della sua vita un dono per rendere la vita degli altri migliore. Questo sguardo vocazionale, di cui si occuperà il Sinodo, è un invito per gli adulti a vedere la vita di ogni giovane nella sua singolarità e originalità e non solo all’interno di un gruppo o di un proprio progetto personale. Siamo chiamati come adulti a far emergere le qualità di ciascuno perché le possa far fruttare e non è detto dove vogliamo noi.