Assicurazione sportiva: un dovere etico oltre che legale
Quando si parla delle polizze assicurative collegate alla tessera CSI, troppo spesso si pensa ad una cosa inutile e costosa. Eppure essa è un obbligo di legge; infatti l’art. 51 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, afferma che sono soggetti all'obbligo assicurativo contro gli infortuni, gli sportivi dilettanti tesserati in qualità di atleti, dirigenti e tecnici alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate e agli Enti di Promozione Sportiva. Questo, naturalmente, se da una parte fa onore allo Stato italiano per la sensibilità che dimostra verso coloro che praticano attività sportiva organizzata da una società o associazione sportiva, dall’altro crea un enorme “vulnus” nella sicurezza di chi pratica sport poiché, siccome non è affatto obbligatorio per legge tesserarsi ad un Organismo Sportivo riconosciuto per poter praticare sport, basta svolgerlo presso una struttura non affiliata (ad es. una palestra o una piscina che lavora in regime commerciale, ad es. una comune “srl”) che salta tutta la copertura. Lo sportivo non pensa all’utilità di una garanzia assicurativa personale, mentre il gestore dell’attività vede solo il risparmio economico realizzato, e si limita alla sola copertura RCT che in realtà garantisce solo lui da un esborso economico nel caso in cui lo sfortunato sportivo a seguito di un incidente gli richieda un risarcimento. Ma qui stiamo parlando di altro; stiamo parlando della protezione personale dello sportivo, non di quella (pure importante) del solo gestore della attività. C’è un solo problema in tutto questo: ed è il fatto che se si obbligasse per legge le “srl” commerciali, che sono aziende di profitto, ad adeguarsi agli stessi standard di sicurezza delle ASD/SSD, ad esempio affiliandosi ad un Organismo Sportivo, si ritornerebbe in una situazione simile a quella delle Società sportive “lucrative”, che parte del mondo sportivo e di quello politico ha tanto avversato.
Per cui, con buona pace di tutti, si va avanti così; da una parte gli sportivi che svolgono attività presso una società affiliata, che hanno tutte le coperture previste per legge, e dall’altra gli sportivi (magari gli stessi) che fanno attività presso una struttura commerciale, senza alcun tipo di garanzia personale e magari con costi finali più alti per via delle imposte. Sembra, e forse è, un controsenso, ma nel nostro Paese non sarebbe il primo e ormai non ci si fa più caso. Certo, l’obbligo assicurativo per i tesserati costringe chiunque a prendersi concretamente cura di chi è realmente esposto al rischio di farsi male, ad un costo che appare sempre troppo alto quando tutto va bene ma bisogna pagarlo, ma appare poi sempre troppo basso (pochissimi euro all’anno) quando succede un infortunio e si scopre che, ad una polizza economica corrisponde sempre una copertura assolutamente discutibile ed insufficiente. La legge italiana (D.M. 03/11/2010) prevede poi le modalità di trasparenza per sottoscrivere queste polizze (gara ad evidenza pubblica) ed i parametri minimi da rispettare: e quando diciamo “minimi” non è un modo dire. Infatti la morte e la “tabella lesioni” prevedono una copertura minima di 80mila euro, con una franchigia fino al 9%, che sicuramente non può essere una adeguata stima del valore di una vita umana.
Ecco che allora la sensibilità propria di un Ente o di una Federazione emerge oppure no, e crea quella differenza che passa tra un qualcosa che è solo obbligatorio, ed un qualcosa che invece è segno di vera attenzione verso gli altri. Ecco allora, nel CSI, l’abbassarsi dal 10 al 30% della franchigia (con il rimborso forfettario che parte addirittura dal -50% rispetto a due anni fa), ecco aggiungersi tante utili coperture in più, dal rimborso delle spese ospedaliere a quelle mediche, dalla copertura di morte in caso di infarto o altro grave evento cardio vascolare alla diaria per ogni giorno di ricovero. Il tutto senza parlare della copertura RCT, stipulata per ciascuno. Ogni società affiliata ha una propria polizza RCT fino a 3 mln di euro, e ogni singolo tesserato ha una propria garanzia RCT fino a 1,5 mln di euro: una bella sicurezza nel caso in cui si venga chiamati a risarcire un danno che involontariamente abbiamo causato ad una qualsiasi altra persona, oppure ad una cosa o un animale di sua proprietà. È roba che costa, e anche molto, e di solito poiché non è obbligatoria, la si fa pagare a parte. Tanto per fare un esempio, vi sono EPS nei quali la RCT di società ha un costo di 100 euro extra a quello della affiliazione: da sola, cioè, questa polizza costa più dell’intera affiliazione al CSI, che invece la offre gratis. Si aggiunga infine l’ampia scelta di polizze integrative a costi veramente contenuti. Questo è il frutto della combinazione di due fattori: un grande Ente, che con la forza dei numeri ottiene dei prezzi di favore, e una politica associativa di “valore”, tesa a recuperare i soli costi associativi senza lucrare. Insomma, il CSI ha l’idea di dare a tutti il miglior prodotto assicurativo, cioè di porre l’uomo, la sua crescita, la sua sicurezza ma anche il suo risparmio economico, al centro di tutto. Siamo partiti dalla qualità (la miglior polizza possibile) per poi trattare il costo (il miglior prezzo possibile), con l’intento di avere una tessera con il miglior rapporto tra questi due parametri. Il risultato? Non sta a me dire se ci siamo riusciti o meno: so solamente che anche il nostro peggior detrattore non riesce a negare che ci siamo davvero andati vicini.