L’orgoglio di aprire orizzonti sportivi e sociali sempre nuovi
Ci sono diversi modi di intendere l’attività sportiva. Quella ai livelli più alti, gestita da società specializzate, fortemente professionalizzate in ogni settore (allenatori, preparatori, tecnici) e quella meno strutturata ma con eguali aspettative di alto profilo gestita comunque da persone specializzate. Quella proposta dal Csi è relazione fra persone, gioia di stare insieme, sperimentazione dei propri limiti. A Pineto degli Abruzzi, dove sono stato per la finale nazionale Sport& Go! ho ritrovato la genuinità assoluta, la spontaneità, la voglia di giocare che non finisce mai a quell’età. Mi chiedo ora: è forse più facile seguire questi bambini che non gestire i professionisti? All’apparenza sì, ma è scorretto. Perché con i bambini bisogna saper leggereanche ciò che non si vede. Occhi che vedano l’invisibile e orecchie per ascoltare il silenzio. Con i più piccoli servono si persone qualificate, ma soprattutto con la giusta predisposizione personale. Qui ci vuole cuore, nel senso biblico, di “tutto”. A Pineto ho costatato la bravura degli allenatori e dei dirigenti, capaci davvero di “voler bene” ai loro ragazzi. In grado di rendere vero, cioè concreto, il progetto dell’Associazione per uno sport a misura di persona, educativo e formativo. Allora l’arbitro diventa l’amico che ti parla, spiega, accompagna la prestazione agonistica, e poi magari si mette a disposizione perché occorre aiutare chi organizza. Allora trovi il giudice del triathlon con uno sguardo amorevole e protettivo che mette a proprio agio il bambino. Un tempo questi concetti avrebbero suscitatoun sorriso di superiorità in tanti, soprattutto in chi diceva che “lo sport è un’altra cosa”. Invece sono concetti di enorme portata sociale e culturale, da far intimorire chiunque, ma non chi si avvicina allo sport con l’intenzione di dare testimonianza di servizio. Un tempo eravamo considerati troppo sognatori e a volte commiserati. Su giornali importanti era decretata la nostra inconsistenza sportiva, quando proponevamo il calcio femmini-le, affermando con disprezzo che “facevamo giocare le donne”. Oggi questo calcio dilaga in tutta Italia e mezzo mondo sta alla tv, incantato dalle gesta sportive delle atlete. Così parlava di “follia” chi condannava il nostro coraggio di proporre sport per i disabili. Oggi lo sport paralimpico ha conquistato globalmente la comunità internazionale. Come testimonial per gli Europei di calcio U21, c’è Francesco Messori, capitano della Nazionale Amputati. Posso ricordare che questi ragazzi all’inizio hanno trovato spazio solo con noi? E posso essere orgoglioso di quello che il Csi ha saputo fare? Se abbiamo contribuito ad aprire nuovi orizzonti sportivi e sociali, oggi di portata enorme, vuol dire che le nostre sono radici di piante dai frutti rigogliosi. Non voglio ripensare alle critiche di allora perché purtroppo fanno ancora male, ma rivendico al Csi, oltre alla geniale intuizione precorritrice dei tempi, anche la costanza e la capacità di conseguire certi risultati anche a costo di enormi sacrifici.