Detassazione dello sport: no alla "caccia alle streghe"
La Circolare 18/E della Agenzia delle Entrate, nel paragrafo 7 prevede che, i soggetti verso i quali le ASD e SSD svolgono attività "decommercializzate" (cioè detassate), sono in primo luogo gli “associati” alle stesse. A seguire la Circolare specifica anche che ciò si applica, tuttavia, anche alle attività effettuate dall’ASD/SSD verso i frequentatori e/o praticanti che non rivestono la qualifica di “soci”, a condizione che i destinatari delle attività risultino, come previsto dalla norma, "tesserati" dalle rispettive Organizzazioni nazionali, vale a dire tesserati della Federazione Sportiva Nazionale, dell’Ente di Promozione Sportiva o della Disciplina Sportiva Associata cui è affiliato l’ente sportivo dilettantistico.
In sintesi, e per esempio, tutti i proventi derivanti da attività svolte da una società affiliata CSI non solo verso i propri tesserati CSI ma anche verso tutti i tesserati CSI d’Italia per la stessa attività, sono detassati; a patto, ovviamente, che tutti i fruitori siano effettivamente tesserati CSI, e ciò apre un fronte enorme nei confronti di quelle società sportive che, illuse di effettuare un “risparmio” senza correre rischi, usano non tesserare tutti i propri praticanti, ma solo una parte. Per contro, i proventi derivanti da tesserati ad altre FSN/DSA/EPS, o quelli da “praticanti non tesserati”, non possono godere di questo beneficio, e tutto diventa attività commerciale fiscalmente rilevante, da fatturare e su cui versare IVA e IRES.
A titolo di esempio concreto: se una ASD di nuoto affiliata al CSI eroga un corso di avviamento alla pratica del nuoto a soggetti già tesserati presso il CSI per il tramite di un'altra ASD, il relativo incasso è da considerarsi "decommercializzato". Così non è, invece, se il corsista sia un tesserato di un altro Ente di Promozione Sportiva per il tramite di un'altra ASD pur avendo entrambe le ASD come propria attività istituzionale la promozione della disciplina sportiva del nuoto.
Facciamo un altro esempio ricorrente: una ASD/SSD impegnata nella promozione del basket ed affiliata al CSI, concede l'utilizzo della propria palestra ad altra ASD/SSD che svolga la stessa attività ed affiliata sempre al CSI, la "decommercializzazione" del provento ottenuto è assicurata. La "decommercializzazione" non è invece concessa se l'ASD/SSD che riceva in affitto lo spazio palestra risulti affiliata non al CSI, ma, per esempio, solo alla FIP o ad un altro Ente di Promozione Sportiva. E ciò pur se entrambi i sodalizi svolgano la medesima attività di promozione del basket.
In sostanza la Circolare interpreta l'espressione dell'«unica organizzazione locale o nazionale» limitandola all'appartenenza alla medesima Federazione Sportiva o Ente di Promozione Sportiva o Disciplina Sportiva Associata; vale a dire che i ricavi sono detassati qualora derivino da propri soci o propri tesserati, oppure derivino da altre ASD/SSD e loro soci e tesserati a patto che:
- svolgano la stessa attività
- siano affiliati/tesserati per il medesimo Organismo Sportivo (ad es. con il CSI)
Questa interpretazione, in verità, lascia alcune lacune da colmare:
1) per stessa attività si intende “la stessa disciplina sportiva” o più genericamente “attività sportiva”? In sintesi, se una ASD concede l’uso dei propri locali ad una associazione culturale per svolgere un convegno non sportivo, i ricavi dovranno essere ovviamente tassati; ma, la domanda è questa, dovranno esserlo anche quelli di una ASD di basket del CSI che concede i l’uso dei locali ad una ASD di pallavolo sempre del CSI? A che titolo, se vi si gioca il basket non è attività commerciale mentre se vi si gioca la pallavolo lo è?
2) Il CONI, che gestisce il Registro 2.0, non può in effetti essere riconosciuto come “unica Organizzazione nazionale”? Se così fosse, e crediamo che lo sia, allora in una lettura più obiettiva della Circolare 18/E, una ASD di pallavolo CSI e una ASD di pallavolo FIPAV sono comunque praticanti della stessa attività e fanno comunque parte della stessa Organizzazione nazionale (il CONI) in quanto da esso riconosciute ai fini sportivi e iscritte allo stesso Registro.
L’auspicio è che il legislatore si accorga di queste lacune e le sani (lo potrebbe fare, volendo, con un semplice decreto o un emendamento alla prossima Legge Finanziaria), in modo da chiarire in modo inequivocabile che non si sta facendo da parte della amministrazione finanziaria dello Stato una “caccia alle streghe”, ma con spirito di collaborazione si vuole fare chiarezza ribadendo che, nella lettura più ampia possibile della volontà del legislatore, i ricavi da “attività sportiva” (genericamente intesa, senza distinzione tra le discipline ammissibili) dovrebbe essere sempre considerata “detassata” qualora si svolga: a favore di propri soci/tesserati, ovvero di ASD e loro soci/tesserati aderenti allo stesso Ente Sportivo o infine, più generalmente, a favore di ASD/SSD e loro soci/tesserati che siano riconosciute ai fini sportivi dal CONI e facciano parte dello stesso Registro 2.0.
Questa lettura, come detto, concederebbe la necessaria chiarezza ad una materia fin troppo intricata ed esposta a cattive interpretazioni da parte delle autorità di controllo, ma anche di malevoli declinazioni da parte di FSN/DSA/EPS che inducono ad affiliazioni “di comodo” solo per la fruizione della fiscalità di vantaggio. Forse l’obiettivo vero dovrebbe essere quello di perseguire le vere "elusioni", cioè quelle di ASD/SSD oppure di Enti di Promozione Sportiva che usano, a scopo speculatorio, non tesserare tutti i praticanti, con qualche ripercussione anche di tipo assicurativo in caso di infortunio, materia sulla quale già vige da lungo tempo un decreto di obbligo assoluto di tesseramento assicurativo di tutti i praticanti.