In Italia più bisogno di sport sociale, più bisogno di Csi
Da tempo ci interroghiamo sulla possibilità di essere promotori di uno sport a misura di persona e di essere al contempo attrattivi per ampliare la nostra proposta nella società ed offrire un modo nuovo di intendere l’attività sportiva. Ma come facciamo a puntare su qualità, attenzione alle fragilità, alla psicologia infantile e giovanile e al contempo crescere anche nei numeri? Tutt’altro che facile conseguire questo duplice obiettivo perché la prima parte sembra escludere, almeno in parte, la seconda. E viceversa.
Non esiste una soluzione valida per tutti e uguale su tutto il territorio nazionale. È possibile farsi apprezzare, raccogliere adesioni sempre più numerose e al contempo rispettare i princìpi ispiratori della nostra Associazione solo con una grande impegno che coniughi formazione e organizzazione. Da tempo il Csi ha inserito tra le attività fondamentali la formazione degli allenatori del settore giovanile. I risultati sono buoni. Però cerchiamo di non chiuderci mai e di mantenere sempre aperto il dialogo con la Chiesa, con le istituzioni, con le Federazioni, con le altre Associazioni di promozione sportiva e con le famiglie.
Non è facile, ma non c’è altro modo per continuare a crescere senza perdere la nostra identità. E rispondo subito anche alla domanda che qualcuno, leggendo, si starà ponendo: Crescere continuamente è necessario? Non ho la risposta certa, ma sono convinto che anche sul piano della diffusione nazionale vada evitato il pericolo di sentirci appagati, di considerare raggiunto il traguardo e di lasciarci andare in una specie di “fin che la barca va”. Sarebbe l’inizio della fine. Chiudersi nella nostra torre d’avorio, nella attuale società così smarrita, senza punti di riferimento valoriali, vorrebbe dire iniziare a spegnersi. Tutto ciò non deve però giustificarci ad andare verso il polo opposto: rincorrere acriticamente la crescita (o la tenuta) numerica. È sì importante perché nessuno ci regala niente e andiamo avanti grazie ad un esercito di dirigenti capaci e motivati. Eppure il nostro impegno non può venir meno nella qualità della proposta sportiva. Una qualità che deve crescere ogni giorno, ampliando gli orizzonti e proponendo nuove discipline. A Firenze si è appena concluso il torneo di football americano, nel Csi finora poco praticato. A Latina è iniziato un torneo di cricket. A Bergamo stiamo sperimentando quanto favore raccolgano gli e–sport. Non si tratta di iniziative casuali per raccogliere ancora qualche tesserato, ma di passi in avanti sulla strada dell’evoluzione della proposta sportiva complessiva. Per fare ciò bisogna saper ascoltare la gente, i giovani, le comunità. E bisogna anche saper rischiare. Il Csi non teme di esporsi e lanciare nuove attività rivolte alla scuola, ai giovani, al mondo sportivo in generale. Senza ovviamente depotenziare l’impegno per l’organizzazione delle discipline tradizionali. Ovunque si parla infatti di “corretti stili di vita”. C’è sempre molto bisogno di una nuova cultura dello sport a beneficio della società. Senza dimenticare infine il tema della socializzazione e della possibilità di costruire relazioni attraverso l’attività sportiva. Di sport, insomma, c’è sempre più bisogno, così come c’è sempre più bisogno, in Italia, del Centro Sportivo Italiano.