Un’epocale riforma in equilibrio tra sport, salute e benessere
Stiamo vivendo uno snodo cruciale nella storia dello sport in Italia. La riforma sul tavolo del ministro Spadafora è una sfida epocale, da affrontare con coraggio e chiarezza di intenti, ma, se possibile, anche con la più ampia condivisione delle realtà di riferimento: gli Enti di Promozione sportiva, anzitutto, le Federazioni ed il Coni. Il Csi è parte significativa di quella sterminata galassia di Eps che, avendo a cuore l’attività di base, sono anche i più accreditati e i più esperti nel proporre sport a valenza sociale. Mi riferisco infatti a circa 95 mila società sportive in tutta Italia: ben più della metà di tutti gli sportivi praticanti nel Paese. Di queste circa 13 mila solo del Csi. La situazione ad oggi è di una quotidiana ricerca di equilibrio fra lo sport di chi eccelle (chi fa sognare i ragazzi e appassionare gli adulti) e lo sport di chi vuole solo divertirsi e stare bene, non chiedendo null’altro che un’occasione di giocare con gli amici, in modo organizzato e sicuro.
Il Csi è da oltre 75 anni in questa seconda parte, con risultati scritti nella storia della Nazione. Oggi cambia il quadro di riferimento normativo e dobbiamo essere capaci di interpretare l’evoluzione per collocare il Csi nel posto che gli spetta per continuare a servire un progetto di sport al servizio della persona. Perciò seguiamo con attenzione l’approvazione dei decreti attuativi della riforma del Terzo Settore, perché un ruolo importante è riservato alle Associazioni di Promozione Sociale. Non significa di cambiare il corso della nostra storia ma avere la necessaria apertura mentale per poter continuare ad essere quello che siamo sempre stati. La delega assegnata al ministro dello Sport, Spadafora, è un’occasione straordinaria per migliorare la situazione generale. Un compito arduo ed entusiasmante insieme, roba da far “tremar le vene e i polsi”. Da qui il nostro dovere di mettere in luce alcuni aspetti cruciali. Ad esempio i limiti posti dalle norme vigenti per entrare a far parte del sistema sportivo, con l’iscrizione nel “Registro Coni”. Sono elencate ben 386 discipline sportive, apparentemente una base sufficientemente ampia per scegliere cosa e come fare. Non è così. Tale elenco chiude in realtà la possibilità di proporre liberamente attività motorie non codificate ma di alto impatto sociale. Come se un’Associazione che svolge una disciplina riconosciuta sia più meritevole d’attenzione di un’altra che svolge attività a servizio della comunità in cui opera, promuovendo con attività ludiche e aggregative per bambini, ragazzi e giovani. Fuori da ulteriori tecnicismi, è indubbiamente utile ricordare che nella Disciplina del Terzo Settore, è menzionata «l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche ». E allora perché non confermare il trattamento amministrativo previsto per le Asd iscritte nel Registro Coni, anche per quelle che potrebbero essere accolte nel nuovo Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts)? La Presidenza e il Consiglio Nazionale del Csi già da tempo si confrontano su questi temi per individuare per tempo la strada da seguire. Ma è importante che a livello governativo si tenga conto delle peculiarità delle società sportive di base, del bene a favore della società civile e soprattutto delle fasce più deboli e fragili. Non disperdiamo allora questo grande patrimonio di esperienze e di volontariato, per il bene comune, con riforme che non li valorizzino o, peggio, che ne mortifichino l’attività.