Ripartenza. Ora serve tanta fantasia, non solo burocrazia
È inutile negarlo, la ripartenza della nuova stagione sportiva si presenta gravida di incognite, ma anche di una qualche buona possibilità. In una situazione incerta è sempre possibile che prevalga la lamentazione e la nostalgia sterile dovuta ad un futuro ostile che sembra senza via d’uscita. In un momento come questo diventa ancora più evidente che i nostri programmi e calendari probabilmente non sono il tutto di ciò che vivremo, che non possiamo controllare e prevedere, che tante cose non dipendono solo da noi. È il tempo in cui esercitarci nell’attesa, disponibili a far tesoro di quello che ci sarà dato, protesi ad accogliere, con adeguata flessibilità, gli scenari che ci sarà chiesto di attraversare. In Libano, colpito duramente in questo tempo, esiste un santuario dedicato a Nostra Signora dell’Attesa. Sorge sul luogo dove un’antica tradizione afferma che la Madonna si era fermata ad aspettare che Gesù tornasse dalla predicazione in terra pagana. Maria è seduta, ma è pronta per alzarsi, guardando l’orizzonte e cercando di vedere Gesù. Anche noi in questo tempo di ripartenza, che normalmente era guidata dalla frenesia delle tante cose che dovevamo organizzare, ci ritroviamo quasi immobili e costretti all’attesa, proviamo a scrutare l’orizzonte per una chiamata ad una nuova azione.
Se non ripartiamo come prima non è detto che le nostre società sportive, i nostri Comitati non possano ricominciare. Anzitutto con un pensiero contro l’ovvietà. L’ovvio è una specie di virus che produce una malattia insidiosa che è l’ottusità.
Poter giocare a calcio, pallavolo, basket… è una ovvietà. L’ottuso non può capire il significato dello sport, perché è ovvio: allenamento, partite, classifica. Se però lo sport non c’è e uno lo cerca, allora si può capire.
Non è soltanto giocare ma un’occasione educativa dove apprendere l’arte dello stare insieme in sicurezza muovendosi e imparare cosa significa vivere di emozioni con autonomia, autostima e creatività. Fare sport, al di là delle classifiche, è una vera arte pedagogica per la crescita di un ragazzo. Questo è un tempo in cui non serve solo la burocrazia ma anche tanta fantasia. C’è bisogno di bravi educatori che sappiano usare creatività. Per fare questo è necessario che si parli, ci si confronti, si pongano domande e si promuovano nuovi percorsi. Si corre sempre il rischio di pretendere dall’alto o da qualcun altro che arrivi la soluzione ma la risposta non può mai risolversi in una formula, non può ridursi ad una reazione alle domande ma deve aprirsi ad una conversione. Parola strana, che invita ad un coinvolgimento personale e ad un cambiamento di mentalità. Questo è il tempo in cui rivedere il nostro modo di intendere e di promuovere lo sport e trovare il coraggio di cambiare secondo le nuove necessità e possibilità. È un servizio prezioso che possiamo offrire alle nostre società e ai nostri ragazzi, con fiducia appassionata davanti ad un futuro nuovo e incerto: «nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza». (Is 30,15)