«Così siamo fuori dal mondo sportivo»
Giallo, arancio, rosso. Sono oggi i colori delle zone di rischio delle regioni italiane. Mutevoli come i pigmenti delle foglie autunnali. Ma nella stagione del foliage, anche l’ultimo Dpcm rinsecchisce lo sport, portando ancora restrizioni alla possibilità di praticare attività sportiva. Recentemente gli enti di promozione sportiva italiani hanno firmato un documento comune dove si è chiesto al Governo di trovare soluzioni che vadano incontro allo sport di base e che diano strumenti per poter lavorare. Ed in questo quadro molto complesso e di rapporti conflittuali, continua a muoversi anche la riforma dello sport. È allora il presidente nazionale del CSI, Vittorio Bosio ad offrirci riflessioni a riguardo.
Presidente, qual è la posizione dell’Associazione in questa fase?
La riforma dello sport in una situazione come questa, passa in secondo piano e andrebbe probabilmente rimessa su un piano di riflessione e di maggior confronto. La riforma in sé ha parti condivisibili e parti migliorabili. Ognuno vorrebbe che la riforma andasse verso i propri interessi, ma così si distrugge un tessuto che tiene dentro tutti. Escluderci dal Coni, come prevede la riforma, senza sapere bene dove si va a finire, con quali mezzi, entro quali perimetri di operatività, crea indubbiamente sconcerto. In questo momento forse sarebbe meglio fare una riflessione e spostare in avanti i tempi della riforma. Occorrono tavoli di condivisione e confronto: operativi e concreti, non luoghi dove ingannare il tempo. Leggo invece che si andrà comunque avanti a colpi di decreto. Ci piacerebbe allora capire se questa fretta ha una logica. Se c’è un disegno preciso, e nel caso ci fosse, che ci venga spiegato il progetto. Ripeto ancora: non è questione di essere più filo–governativi o più “Coni–allineati”. Semplicemente è il momento di essere dalla parte dello sport.
In che condizioni versano le società sportive?
Le restrizioni erano già nell’aria, il CSI aveva già deciso di fermare le attività fino al 13 di novembre ma stiamo ragionando su una possibile proroga. Non lo facciamo a cuor leggero sapendo quanto disagio ciò provocherà, ma la salute ha la priorità. È importante che gli sportivi facciano un time out, seguendo con attenzione le regole in vigore. Il problema però è che le società sportive stanno andando in crisi, perdendo la speranza. In primavera avevamo fiducia che tutto finisse presto; oggi siamo purtroppo consapevoli che ci vorrà ancora tempo. Ma bisogna avere fede: ritorneremo a giocare e a proporre sport, magari anche meglio di prima.
Molti lavoratori del comparto sport sono in sofferenza. I ristori sono importanti, ma non rispondono ad una strategia di lungo periodo. Quanto è grande il rischio che qualcuno resti indietro e da solo?
Purtroppo le modalità d’intervento del Governo hanno prodotto un’enorme mole di richiesta di aiuto. La scelta di far cadere gli aiuti “a pioggia” finisce per creare aspettative anche quando non esistono i presupposti per averne diritto. Il mondo sportivo ha sempre avuto una tipologia di rapporto di lavoro destrutturato, cioè slegato da ogni forma di tutela, ma ciò oggi comporta la difficoltà di distinguere tra diritti veri e presunti. È evidente la necessità di fare un po’ di ordine nel mondo del lavoro sportivo; avere le giuste tutele ma anche i giusti doveri. Cerchiamo comunque di non lasciare indietro nessuno, anche chi non ha diritti da accampare. Il confine è molto labile e trovare una formula di tutela del lavoro che non penalizzi il mondo delle società sportive non è facile.
Le nuove regole prestano il fianco a mille interpretazioni. Sui territori si sono viste strategie tese ad aggirare i divieti. Come giudica tali comportamenti?
I Dpcm hanno sempre lasciato degli spiragli per alcune attività, che, da piccoli percorsi sono poi divenute vere autostrade. Il CSI ha riconosciuto le proprie attività di interesse nazionale, seguendo un percorso ben definito da decenni. Abbiamo però assistito, in altre realtà, ad una corsa a legittimare ogni tipo di attività. Ed è scorretto. Per un mondo, come quello dello sport, che è fatto di regole, questa corsa ad aggirarle è un vero paradosso etico. Per questo e per tanti altri motivi connessi abbiamo chiesto a gran voce sia al Governo sia al Coni, di produrre regole certe, chiare e applicabili. Chi ha responsabilità di governo sullo sport ha il dovere di aiutare a risolvere i problemi, non prestare il fianco alla creazione di nuovi.