È il momento della «riabilitazione» verso la ripresa
Il CSI non è con lo sport miliardario. Il CSI è là dove la fortuna non ha assegnato talenti eccezionali. Sta con la gente, anche con chi ha limiti fisici e psichici, perché ne ama l’essenza, l’espressione di un dono di Dio. Sostiene il diritto al sogno, al gioco, allo stare insieme, ad abbracciare gli amici lasciando che la gioia prenda il volo; il diritto, cioè, dei tanti che non sono fenomeni né eccellenze del momento. Significativa in questo senso e da sottoscrivere la recente presa di posizione della sottosegretaria con delega allo Sport, Valentina Vezzali, che ha chiarito con un’analisi lucida e competente il valore dello sport di base, auspicando una maggiore diffusione dello sport nelle scuole (e in altri ambiti) perché con più attività sportiva, la società italiana sarebbe migliore. Per questo abbiamo anche appreso con particolare favore la comunicazione del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, sul tema dell’uscita dall’emergenza. Per lo sport, Draghi ha dimostrato di avere un interesse sincero. Non ha fatto promesse al vento, né ha fatto annunci miracolistici. Abbiamo capito benissimo che il nostro ruolo è in questo momento ancora più importante di prima, perché siamo chiamati a condividere la ripresa. Siamo come una persona fermata a letto per mesi da una grave frattura femorale: non si può alzare e immediatamente correre. Bisogna che riprenda piano piano, dando tonicità ai muscoli, acquisendo di nuovo sicurezza e forza. Così è la situazione dell’attività sportiva proposta dalla nostra Associazione. Appena ci saranno le condizioni dobbiamo procedere con responsabilità e rispetto per la salute di chi ci è affidato, in particolare i bambini e i ragazzi e, attraverso di loro, le loro famiglie. Chi vive nello sport di base, fatto spesso con le briciole lasciate dagli altri ed alti livelli, sa quanto è stato duro resistere, e conseguentemente che è impossibile sbagliare una ripartenza che ristabilisce vigore ed energia alla ripresa del cammino. Un nuovo stop sarebbe devastante come nemmeno possiamo immaginare. Però non dobbiamo nemmeno perdere tempo perché la nostra macchina organizzativa è ferma da troppo tempo. Un immobilismo che non è indolore poiché abbiamo perso amici, entusiasmo, risorse umane ed economiche. È già importante, guardandosi indietro, poter affermare che, oggi, il CSI c’è ancora. C’è sempre stato e sempre ci sarà. Perché il CSI è fatto per la persona, per i bambini, per i fragili. Perché il nostro mondo non si sta esaurendo ma ampliando, e così il nostro ruolo. Di CSI c’era bisogno nel passato, ma c’è tanto bisogno nel presente e ce ne sarà tantissimo nel futuro.