Il dramma di Eriksen insegna l’importanza dei salvavita
Guardiamo tutti con grande sollievo al recupero del calciatore Christian Eriksen che alcuni giorni fa, in campo con la sua nazionale danese, è improvvisamente crollato a terra per un malore.
Vorrei qui condividere una considerazione ribadita da più fonti su tutti gli organi di informazione: Eriksen è vivo perché in tanti sono stati bravi nell’intervenire con immediatezza e competenza.
Il pensiero corre veloce a quei molti altri casi, di cui siamo venuti a conoscenza, a volte purtroppo fatali, che non lasciano traccia o evidenza agli onori della cronaca. Ritengo dunque che per tutelare soprattutto questi ultimi, il Csi debba tornare a riflettere sulla grande attenzione da riservare alla presenza indispensabile dei defibrillatori negli impianti sportivi, o comunque dove si faccia attività sportiva. La strada giusta da percorrere è fatta dunque di prevenzione, visite mediche, e soprattutto di formazione attenta e scrupolosa e costante degli operatori abilitati all’uso tempestivo dei dispositivi salvavita.
Nonostante la vicenda del giovane Christian abbia ancora una volta dato conferma della fragilità dell’essere umano, anche quello sottoposto a continui controlli medici e visite specialistiche, mai inutili; ogni giorno abbiamo la dimostrazione che la prevenzione resta comunque una questione di cultura e di valore sociale.
Ricordo che al tempo della sofferta approvazione delle nuove regole che imponevano i defibrillatori c’erano dirigenti che lamentavano il crescente peso delle incombenze burocratiche. Credo di poter affermare che anche allora il Csi dimostrava concretamente di avere a cuore le persone e le società sportive e che le nuove regole socio-sanitarie imposte sullo sport non avevano scopi vessatori ma di tutela. In primis dei dirigenti stessi, da mettere in condizione di poter lavorare per il bene della propria comunità senza per questo correre continuamente rischi di ogni genere. Riportata al presente quella scelta evidenzia la bontà delle valutazioni della nostra Associazione, tanto più ribadite in questi ultimi terribili e angosciosi mesi di pandemia, quando il desiderio di riprendere l’attività stava spingendo qualcuno, anche a livello di enti e di istituzioni, a cercare di forzare i margini operativi stabiliti con criteri di sicurezza. In quei momenti non è facile resistere alla tentazione di togliere i paletti dal percorso delle società sportive e liberarle dai mille lacci che nel tempo si sono accumulati perché tutti chiedevano solo più libertà.
Ma sarebbe stata una libertà di corto respiro, per finire poi in problemi ancora più gravi.