Chiesa e sport: l’azione in campo oltre le parole
È sotto gli occhi di tutti che la forza straordinaria della nostra Nazionale di calcio sta proprio nel gruppo, in quella comunione di intenti che fa sentire tutti protagonisti e nessuno comprimario. Siamo tutti convinti che in questo tempo, in cui timidamente cerchiamo di risollevarci, nessuno ha la soluzione certa tra le mani ma che menti, cuori e braccia devono intrecciarsi per costruire la speranza. Inoltre, in questi lunghi mesi, soprattutto nel periodo del lockdown stretto, ci siamo resi conto che il bene l’hanno fatto in tanti e non erano soltanto dei “nostri”. Perciò mi convinco sempre più che, in questo tempo di ripartenza, come Chiesa dovremmo accettare anche lo sport come protagonista di rinascita. Davvero e realmente. L’abbiamo sempre ripetuto che “lo sport è di casa nella Chiesa” ma troppo spesso, in solaio o nella camera di servizio, oppure nel salotto, semplicemente come argomento bello di cui parlare. Oggi invece è necessario che la Chiesa scenda in campo con lo sport per farsi condurre e accompagnare in un mondo affascinante, numeroso e generoso. La Chiesa non nasce per costruire campioni, lo so bene, ma per trasmettere l’amore di Dio verso l’uomo. Questo amore, però, si deve sentire, percepire, toccare attraverso la vicinanza, il tatto e lo sguardo. Sono tante le società sportive, con numerosi volontari, che si fanno vicino così ai ragazzi, per dare loro un segnale che la Chiesa non li vuole lasciare soli e neppure convertire, ma semplicemente volergli bene. Come ne hanno bisogno oggi! Perché non cogliere l’occasione, come comunità cristiana, per riconoscere che la missione non è un programma ma l’opportunità che ci sta davanti e ci sollecita ad amare. La Chiesa è anche portatrice di gioia, che nasce dalla Pasqua ma si insinua in ogni fibra del nostro corpo. Anche il corpo desidera sperimentare la felicità, la soddisfazione, la speranza che la vita merita di essere vissuta. Il movimento aiuta, come ricorda il vecchio detto della psicologia: “l’azione crea emozione”. Muoversi rigenera nel corpo e nello spirito. Si prova l’emozione della gioia contro la tristezza, dell’impegno contro la noia e della comunità contro la solitudine. La Chiesa non lo deve dire solo nei convegni e nei dibattiti ma deve pretenderlo in ogni suo campetto. Può anche decidere di fare a meno dello sport, può occuparsi solo delle cose sante, può gestire soltanto spazi liturgici, può investire economicamente su tutt’altro. Tuttavia il desiderio dei ragazzi di muoversi ed essere felici non si arresterà e neppure quello di Dio di far sentire concretamente il suo amore.