Vinciamo, bene! Ma teniamo accesa l’attività di base
L’Italia dello sport sta vivendo un momento trionfale. Merito degli atleti, della loro capacità di fare sacrifici, della loro indomita volontà. Merito dei dirigenti, che hanno saputo costruire una “cultura” dell’eccellenza che si avvale di strutture, di personale e di organizzazione. Di una società che si è dimostrata solidale e capace di far sentire l’affetto e la vicinanza nei momenti dell’impegno agonistico. Certo: tutto è più facile quando si vince ed è bello vedere l’Italia vincere Europei, Olimpiadi e Paralimpiadi.
Ma ora occorre rimettere al centro e riflettere sul ruolo che ha lo sport di base. Quello sport che plasma una società, che concede spazio ed accoglie anche i meno dotati e che sa esprimere un grande valore culturale. Sto parlando dello sport che si pone come servizio ai giovani, strumento di educazione e di formazione delle persone. C’è in gioco la compattezza di una società, poiché etica, morale, spirito di servizio, sono aspetti significativi nello sport di base. Lo sport di eccellenza esprime gli esempi virtuosi, porta medaglie, crea miti, leggende e idoli che popolano i sogni dei ragazzi. Lo sport di base favorisce una società più equilibrata, dove contano i “corretti stili di vita” e la disponibilità a farsi carico di chi è meno performante. Un concetto di grande ampiezza e possibili sviluppi, che può spaziare dal contrasto alle devianze, alla lotta all’obesità, dall’attenzione e dalla promozione della salute, al potenziamento del sistema socio-sanitario. Ce ne sarebbe da farci una tesi di laurea.
A ciò pensavo, non senza preoccupazione, nei giorni scorsi, girando l’Italia e incontrando quei tanti dirigenti che mi hanno confermato che il Csi è vivo e vivace, con ancora
molto da offrire a questa società. Ho visto gente impegnata sul campo, capace di fare sacrifici in cambio di poco o niente; gente riconosciuta e apprezzata dai livelli locali delle istituzioni. Eppure, mi sembra che in pochi abbiano piena consapevolezza di questo meraviglioso mondo, con il rischio che l’indifferenza lasci spazio a proposte e a leggi che finiscono, certo senza volerlo, per distruggere questo terreno di coltura dello sport di base.
Vorrei però avere dei segnali che lo sport di base, educativo e formativo, sia a cuore a chi governa. A cominciare dal mondo politico per proseguire con coloro che hanno compiti e ruoli nella gestione della pratica sportiva. Il palcoscenico sportivo è illuminato e ne siamo contenti. Ma si riaccenderanno le luci dei campi di periferia, quelle delle palestre di quartiere? Qualcuno sta pensando ai tanti giovani che abbandonano la pratica sportiva, ai tanti allenatori che non hanno più una società sportiva di riferimento, ai dirigenti che stanno mollando? Come Csi vogliamo tenere vive queste fiammelle di sport e di vita. Speriamo che le donne e gli uomini più sensibili del Paese vogliano essere con noi.