21 marzo 2009

I nostri giovani: più Internet, meno sport

A giudicare dalle statistiche e da ricorrenti episodi di cronaca, il tempo libero dei giovani sembra essere sempre più un “vuoto a perdere”. Si calcola che i giovani abbiano a disposizione in media, durante i giorni feriali, circa tre ore da dedicare ai propri interessi e al divertimento che crescono sino a 4 ore per la fascia 18-20 anni. Nei week-end il tempo libero si dilata ancora di più.

A giudicare dalle statistiche e da ricorrenti episodi di cronaca, il tempo libero dei giovani sembra essere sempre più un “vuoto a perdere”. Si calcola che i giovani abbiano a disposizione in media, durante i giorni feriali, circa tre ore da dedicare ai propri interessi e al divertimento che crescono sino a 4 ore per la fascia 18-20 anni. Nei week-end il tempo libero si dilata ancora di più. Le statistiche dicono anche che per gli adolescenti le due attività più gradite quando sono fuori di casa sono andare in discoteca e frequentare il bar del quartiere. A notevole distanza si collocano altre attività: la pratica sportiva, anzitutto, ma anche andare in sala giochi. Le attività culturali incidono ancora di meno. In casa il 32% dei giovani trascorre prevalentemente il proprio tempo libero guardando la tv, il 28% ascoltando la radio, il 16% navigando in Internet, l’11% parlando o giocando con il cellulare. Già ci sarebbe da preoccuparsi, non fosse che c’è anche un “passatempo” in espansione, che sfugge alle statistiche, e che è fatto di teppismo motivato da noia. Accusare i nostri ragazzi di non saper sfruttare in modo costruttivo il loro tempo libero però è ingiusto. Quali alternative gli abbiamo proposto? Quali spazi? Se piazze, bar e discoteche sono dappertutto, non accade altrettanto per gli impianti sportivi, le biblioteche e i teatri. L’emergenza educativa nasce da queste basi mancate, che poi è frutto della latenza di politiche giovanili proposte dalle Istituzioni. Cosa fare, allora, se è vero, come sostengono molti esperti, che la soluzione migliore sarebbe nella disponibilità di reti educative diffuse ovunque? La prima risposta che viene in mente è che la rete educativa in teoria c’è, ed è nei 95.000 punti di attività messi a disposizione dallo sport, tra club e società sportive. Basterebbe che tutte loro s’assumessero per intero la responsabilità di offrire educazione per “riempire” il tempo libero giovanile. Ora non sempre è così, poiché solo una parte ridotta della rete sportiva è significativa sotto il profilo della qualità educativa. Una congrua parte della attività sportiva giovanile è oggi piuttosto un fenomeno di consumo, una moda, la risposta ad una generica istanza salutista o, peggio, l’ennesimo parcheggio dove ancorare i figli. Intendiamoci: lo sport non è la risposta finale ai problemi educativi; educare nella società complessa e globale è compito complesso e globale, che va condiviso tra le diverse componenti sociali. Però lo sport può essere un buon punto di partenza, un volano capace di mettere in moto il processo per coagulare forze e idee.

L'angolo del Presidente

I nostri giovani: più Internet, meno sport

Massimo Achini

Presidente Nazionale