Un piatto da assaporare insieme per una vera felicità
Uno dei momenti che maggiormente caratterizza il Natale è il mettersi a tavola con tutti i parenti per un interminabile cenone o pranzo, che richiede ai commensali un immane sforzo di resistenza. L’abilità di chi cucina sta nel preparare un impasto di aromi e profumi tali da non permettere a nessuno di abbandonare il campo prima di aver almeno assaggiato il piatto forte della festa, la specialità della casa. In occasione di questo Natale, allora, ecco il suggerimento per una ricetta che dona la giusta forza per non abbandonarsi, al termine del pasto, al regno di Morfeo, il dio del sonno. Soffriggere in una pentola una quantità sufficiente di “perdono” per non tenere conto di quello che qualcun altro mi ha fatto ed evitare la continua possibilità di vendetta. È lo sforzo di bruciare una ferita perché non diventi occasione per generarne un’altra. Adagiare delicatamente la “gentilezza” per andare incontro agli altri. Il trucco consiste nell’essere contento di incontrare le persone, nel non criticarle né affrontarle con aggressività o indifferenza. Così si sentiranno stimate e preziose. Sfumare l’intingolo con la “gioia” perché, nonostante tutte le sofferenze che stiamo vivendo, noi siamo fatti per la gioia. È lei che allarga il cuore e permette che tutto diventi più semplice. Libera l’anima dall’ansia, dona slancio, rende la vita più piena. E’ la gioia che alimenta la creatività. A questo punto, è bene unire alcuni spicchi di “compassione” per immedesimarsi negli altri: aiuteranno la nostra disponibilità a condividere con l’altro, a soffrire insieme a lui non solo con un vago sentimento ma con l’azione, che spingerà a ridurre, o almeno a lenire, le sue sofferenze. Coprire tutto con il coperchio della “speranza”, attesa di un mondo migliore, contro ogni scoraggiamento e rassegnazione. Sollevare leggermente per sentire il profumo che invita a darci da fare per i più poveri, assaporare la possibilità di un nuovo impegno per migliorare questo nostro mondo senza paura dei contraccolpi che potremmo incassare. Soprattutto sentiremo l’invito a sperare per chi è senza speranza. Infine portare tutto a cottura, poi tagliare a fette e condividere ricordando che una gioia condivisa è una gioia raddoppiata e un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Anche Dio è pronto a condividere con te la sua vita divina. Non la vuole tenere solo per sé. Credo che questo possa essere un buon piatto per continuare a coniugare i verbi e i pensieri al futuro, verso orizzonti di vera fraternità e assaporare così una certa felicità.
Allora, buon appetito ma soprattutto... buon Natale.