Da ciò che vogliamo fare a ciò che possiamo fare
All’età di 67 anni Thomas Edison, mentre si trovava a cena con familiari e amici, viene raggiunto da una notizia sconvolgente: il suo centro di produzione e ricerca aveva preso fuoco, ormai avvolto dalle fiamme. Edison corse sul luogo dell’incendio per assistere di persona al crollo dell’impero nel quale aveva investito tutta la sua vita. Accanto a lui c’è il figlio traumatizzato da quelle fiamme. Proprio a lui rivolse queste famose parole: “Corri a prendere tua madre e i suoi amici perché non avranno più l’opportunità di vedere qualcosa di simile. Non ti preoccupare, ci siamo appena sbarazzati di un po’ di spazzatura”. Sicuramente è una reazione incredibile e anche un po’ folle. Anni di ricerche, di riconoscimenti e prototipi andati letteralmente in fumo. Tuttavia l’inventore americano non ha dimostrato rabbia, rancore, lamentela. Non ha pianto e neppure si è gettato anche lui tra le fiamme. Al contrario si è rimboccato le maniche ritornando al lavoro il giorno successivo ricordando ad un cronista che “non era troppo tardi per ricominciare”. Quelle fiamme che avevano distrutto il lavoro di una vita anziché spegnere ogni motivazione avevano spinto Edison verso un nuovo inizio. In un mese il centro era ritornato funzionante, capace di offrire prodotti e innovazioni che la gente non aveva mai visto. La sua storia mi fa tornare in mente quello che disse Alex Zanardi dopo il terribile incidente in macchina: “Quando mi sono svegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa”. E’ l’incoraggiamento ad accettare e amare quello che oggi possiamo vivere senza rimpianti e lamentele, rinunciando a dare la colpa della nostra immobilità a ciò che ci circonda. Dipende da noi viverlo concretamente, scegliendo anche come reagire di fronte alle nuove avversità. Proprio queste possono giocare a nostro favore se le sappiamo affrontare in modo giusto. Per esempio: non possiamo organizzare i campionati? Forse è l’occasione giusta per rivedere come li organizziamo. Mancano gli atleti tesserati, soprattutto i più giovani? Magari è proprio perché non trovano quello di cui hanno veramente bisogno oggi. Non riusciamo più a sostenere le spese? Forse c’è bisogno di rivalorizzare la gratuità del volontariato e un po’ di sobrietà. Reagire in questo modo è meglio che arrabbiarsi, spaventarsi o subire la frustrazione. Imparare ad accettare la realtà è difficile ma dobbiamo imparare ad affrontarla con fiducia e speranza, coraggio e creatività perché è quello che noi possiamo fare. La vera sfida di oggi è quella di passare da ciò che vogliamo fare a ciò che possiamo realmente fare. E farlo al meglio.