Quando «partire» è molto più che andare in vacanza
«Vacanza» letteralmente significa carenza, sospensione o cessazione di qualcosa. È il tempo concesso per un meritato riposo, un intervallo tranquillo e rilassante che ci consente di riprenderci dalle fatiche del lavoro, di ritemprare il corpo e lo spirito, di condurre un’esistenza più calma e meno frenetica. Spesso, però, si trasforma in un ulteriore tempo di stress: “Abbiamo fatto delle ferie splendide… siamo tornati stanchi morti”, dicono tanti. Anzitutto quelli che se non si imbarcano almeno su tre aerei al giorno, se non visitano sette città ogni settimana e non mangiano in venti ristoranti al mese non sono soddisfatti. Poi ci sono gli stacanovisti della villeggiatura. Vestiti con maglietta, scarpe, pantaloni tutti rigorosamente tecnici si presentano all’ufficio turistico delle Tre Cime di Lavaredo e chiedono: “Non ci sarà mica da camminare?”. Ci sono gli affezionati delle vacanze intelligenti, che saltano da un luogo all’altro alla disperata ricerca di musei aperti, chiese e monumenti celebri. Alla fine dei loro tour annunceranno di aver visto la Gioconda a Stoccarda, il Big Ben a Pisa e il Colosseo a Copenaghen. Non mancano nemmeno persone che hanno la smania di trascorrere le loro ferie nei famosi villaggi vacanze dove vige la regola del “Divertiti o sei morto” così da ritornare con una sorta di paresi facciale detta “crampo del sorriso”. Tra i vacanzieri da ricordare esistono poi gli amanti del rischio: quelli che vanno per la prima volta sulle Alpi e decidono di scalare in bermuda e infradito; quelli che gettano via braccioli e salvagente, sperando in un miracolo, per immergersi fino al Cristo degli Abissi. Insomma tutti quelli che d’estate offrono cronaca di cui parlare ai telegiornali. Poi, e meno male, ci sono coloro che in vacanza non fanno niente, semplicemente “stanno”: stanno insieme, chiacchierano, si mettono a condividere un po’ di tempo. Può sembrare un’azione inutile e invece è così preziosa, perché non si misura sulle tante cose da fare ma a partire dalla bellezza del perdere tempo per l’altro, riservandogli il massimo dell’attenzione. Si riconquistano i volti più consueti, quelli dei figli, dei propri cari, degli amici. E non importa se questo avviene nella banalità dei luoghi perché la vera straordinarietà è la presenza di queste persone amate. Insieme a loro ci sono anche quelli che “staccano”, cioè si allontanano dagli impegni e dai pensieri soliti. Staccare, come si fa con una spina elettrica, perché ormai sovraccarica di energia prodotta dalla tensione, dalla stanchezza, dal continuo correre. Staccare per guardare la grandezza dei monti, l’immensità del mare e riconoscere che il mondo non dipende tutto da noi. Buone vacanze