28 novembre 2009
Quando le regole fanno a pugni con il buonsenso
Il ricorso presentato dalla Nazionale irlandese per la mano di Henry è naufragato prima ancora che arrivasse la sentenza dell’Uefa. «Non è possibile rigiocare la partita - hanno sentenziato in tanti, da Platini a Ferrara - perché non è mai accaduto e si creerebbe un precedente». Anzitutto, non è vero che non sia mai accaduto. È capitato nel Csi circa quattro anni fa. A Milano nel corso di una finale provinciale, a pochi minuti dalla fine, la squadra di casa pareggia.
Il ricorso presentato dalla Nazionale irlandese per la mano di Henry è naufragato prima ancora che arrivasse la sentenza dell’Uefa. «Non è possibile rigiocare la partita - hanno sentenziato in tanti, da Platini a Ferrara - perché non è mai accaduto e si creerebbe un precedente». Anzitutto, non è vero che non sia mai accaduto. È capitato nel Csi circa quattro anni fa. A Milano nel corso di una finale provinciale, a pochi minuti dalla fine, la squadra di casa pareggia. La rete però è bucata (capita in Oratorio…) e la palla prosegue la sua corsa dietro la porta. Il gol è evidente a tutti, ma l’arbitro non convalida. Dopo il ricorso le squadre si ritrovano davanti al Giudice Sportivo. Qui “scende in campo” il signor Giuseppe, presidente della squadra aggiudicatasi la finale: un omone che di mestiere fa il carrozziere e che terminato il lavoro, si dedica anima e corpo alla polisportiva della Parrocchia. Mentre si discute il caso, il signor Giuseppe taglia corto: «Ho chiesto ai miei ragazzi ed ai loro genitori. È vero, quella palla era finita in rete. Una vittoria così non possiamo accettarla. Siamo noi a chiedere al Csi di rigiocare la partita». Che lezione di vita e di sport! Torniamo ad Henry. Davvero non era possibile decidere diversamente per non creare un precedente? La storia “macina” continuamente episodi che disegnano il futuro creando inaspettati precedenti. Qualche esempio? Dieci anni fa nessuno avrebbe scommesso sull’elezione di un presidente Usa di colore. E nemmeno su un cancelliere donna in Germania. Nel terreno prettamente giuridico esistono sentenze che cambiano la giurisprudenza. Il mondo dello sport professionistico non fa eccezione. Negli anni ’90 è stato infranto il tabù del professionismo alle Olimpiadi. Sino a quel tempo si trattava di Olimpiadi di pretesi dilettanti, e all’epoca di De Coubertin bastava un piccolo rimborso per essere squalificati. Quanti sport hanno cambiato pelle negli ultimi vent’anni per diventare più televisivi? Vi ricordate la prima partita di pallavolo senza cambio palla? Sembrava quasi che il volley fosse stato menomato. E che dire, nel calcio, della frantumazione della (dogmatica) contemporaneità delle partite, garanzia del fatto che nessuno fosse avvantaggiato conoscendo il risultato degli altri? Sono esempi che dimostrano che, per andare avanti, bisogna cambiare e creare precedenti. Dopo Francia- Irlanda il calcio mondiale ha perso una grande occasione. Di fronte ad un’ingiustizia plateale ed evidente, la Fifa poteva chiedere alle due nazionali se erano disponibili a rigiocare la partita. Se avessero accettato, lo sport mondiale avrebbe assistito ad una lezione di etica e di valori che sarebbe entrata nella storia. E tutto questo sarebbe stato possibile salvando il rispetto del regolamento (ripetizione della partita non per decisione tecnica ma per volontà delle due squadre). Le regole sono punti di riferimento indispensabili per l’educazione. Ma quando fanno a pugni con l’etica serve il coraggio di “andare oltre”. Il signor Giuseppe lo sa bene. Peccato che continui a smontare motori nella sua officina e non faccia il presidente della Fifa.