Berruto in tuta Csi, ct negli oratori

Mauro Berruto neoambasciatore dello sport in oratorio Csi, e Josefa Idem, da Londra 2012 ad Assisi 2012 con il Csi. Le loro riflessioni, le tattiche e gli spunti per gli oltre 600 sportivi del Csi in platea nel meeting umbro. Le parole del cappellano olimpico Mons. Lusek sull'anno della Fede

Il neoambasciatore Berruto “Accendiamo la luce negli occhi di pratica sport”

Campione, guida ed araldo sono titoli che acquistano significato concreto dopo aver condiviso con Mauro Berruto, ct dell’Italvolley bronzo a Londra 2012 e da Assisi 2012 ufficialmente in tuta Csi come “ambasciatore dello sport in oratorio, un’ora, dedicata alle sfide educative che spettano allo sport nel nostro paese. Beppe Basso (team della formazione Csi) apre l’intervista con il ct della nazionale maschile di volley, ricordando il derby Asti-Torino dell’89 in cui entrambi sedevano sulle panchine delle rispettive squadre accomunati da amicizia e determinazione alla vittoria. Si rincontrano poi a Londra 2012 quando Mauro mezz’ora prima della finale per il bronzo olimpico lascia la panchina e sale in tribuna a salutare l’amico, poiché lo sport, ci racconta il mister “vive delle molte facce che sono poi riassunte in un’unica medaglia di bronzo”. E lo sport raccontato da Mauro Berruto, assomiglia davvero ad un “potenziale di eccellenza” racchiuso nella formula matematica di “high performance” = capacità tecniche x capacità emozionali / metodo. “Perché – spiega il ct – l’attività sportiva è l’occasione in cui gli uomini sono spinti ad eccellere, cioè a mettere in campo e a realizzare il proprio potenziale. Per questo credo che sia necessario da parte delle Istituzioni, delle realtà sportive territoriali, della scuola, un doppio investimento a favore dello sport. Uno economico ed  uno emozionale”. Un investimento in primis economico, poiché l’OMS rileva statisticamente che l’attività fisica riduce del 30% malattie fisiche (cardiovascolari, diabetiche, inerenti l’obesità e i disturbi alimentari) e sociali (depressione, dipendenza, disturbi dell’attenzione), unitamente ad un miglioramento della qualità della vita e dell’allungamento dell’età media pro capite. Studi economici finlandesi attestano un investimento capace di rendere 8 volte tanto la somma iniziale stanziata a favore dello sport di base. E tuttavia l’investimento monetario sarebbe nulla senza il fronte “emozionale”. Perché lo sport, spiega coach Berruto, utilizzando le parole di Benjamin Zender,  “è la possibilità di accendere la luce negli occhi di chi lo pratica. Ed ogni direttore d’orchestra è colui che, pur non emettendo suoni, deve ispirare i propri maestri d’orchestra alla musica”. Ogni mister è colui che consente ai propri ragazzi di focalizzare il loro sogno ed è colui che può aiutarli a proteggerlo e a renderlo guida dinnanzi alle sfide della vita. All’ultimo set di intervista con Mauro Berruto, gli chiediamo qual è il segreto per tornare a far brillare gli occhi ai ragazzi, quale è l’ingrediente che rende la formula matematica dell’high performance davvero efficace. E il mister risponde con due ingredienti: la scelta del metodo e la nostra ricerca. Il metodo: è il dividendo che consente alle capacità tecniche e a quelle emozionali di rimanere “alte” e che a suo avviso coincide con la “volontà ferma di portare a termine ogni set, comunque sia andato quello precedente”. La ricerca: è l’atteggiamento che ogni dirigente dovrebbe avere nello scendere in strada per chiamare, attrarre a sé e cercare i giovani senza mai dare per scontato che un giorno o l’altro essi arriveranno da soli.Parole di mister Berruto. 60 minuti e 3 set al seguito di una guida che ha regalato ad Assisi, chiari strumenti per giocare ogni giorno la grande sfida educativa dello sport. Davvero un grande ambasciatore dello sport oratoriale, di cui il Csi è fiero.

 

 

Idem: non si può essere tutti numeri “uno”

“Ai nostri giovani dobbiamo dare un progetto, la gioia di inseguire un futuro. Ecco perché ancora oggi tiro la volata per loro”. Lo ha detto Josefa Idem, campionessa di canoa, intervenendo sul palco di Assisi alla platea ciessina. Unica donna dello sport italiano a vincere una Olimpiade ed un mondiale negli sport individuali, ha indossato tra gli applausi la tuta del CSI. La sua è stata una testimonianza a favore dell’attività sportiva concreta, dove ciascuno ha pari dignità (“non si può essere tutti numeri “uno”, ha detto). La 48enne, nativa della Germania, ma naturalizzata italiana, è stata assessore allo Sport del comune di Ravenna, moglie e madre di due figli, ha condiviso allenamenti e gare con il marito, trainer ed aiutante di campo; testimonial in campagne di solidarietà e collaboratrice di un giornale sportivo, non si ferma un istante, anche quando parla. Una vita tra la gente, ma gli allenamenti, duri ed in solitaria, l’hanno portata negli anni ad avere un maggiore contatto con sé stessa, a riflettere, sola con i suoi pensieri (“è stato il mio punto di forza”, spiega alla platea). Il suo racconto ha dimostrato che non c’è età per salire sul podio per pensare alla famiglia “le mie medaglie più belle le ho avute nella mia pancia” e l’ultima finale di Londra non la considera una sconfitta (“ho ispirato la mia generazione e quella dei giovani”, ha poi affermato, prima di ricevere le riconoscenze finali).