-IL PUNTO- La missione di educare, chiave dello sport

«Educare non è mai stato facile, e oggi sembra diventare sempre più difficile. Lo sanno bene i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti e tutti coloro che hanno dirette responsabilità educative. Si parla perciò di una grande “emergenza educativa”, confermata dagli insuccessi a cui troppo spesso vanno incontro i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita». È questo un passaggio chiave della lettera che Benedetto XVI ha inviato qualche giorno fa alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, la cui attualità va ben oltre la realtà della nostra Capitale e investe la situazione giovanile dell’intero Paese. Lo sa bene il Centro Sportivo Italiano, che negli ultimi anni ha ricentrato tutta la sua “filosofia” ed i suoi programmi sul compito educativo, sostenendo che o lo sport giovanile serve ad educare o perde la quasi totalità del suo significato, pur nella consapevolezza che, come sottolineato dal Santo Padre, la difficoltà di educare è così accresciuta dalle odierne condizioni culturali e sociali da rendere sempre più complesso e arduo per gli operatori e le strutture associativi tener fede all’impegno formativo. Sarebbe molto più semplice limitarsi ad allenare i corpi dei ragazzi, come fanno in tanti, dimenticando ciò che avviene nella loro anima. C’è però questa responsabilità che non può essere elusa, che ciascuno deve sentire propria non come “obbligo” ma come slancio di autentico amore; una responsabilità che è personale ed è al tempo stesso collettiva, obbligandoci ad orientare il complessivo cammino associativo – nelle idee, negli stili di vita, nei programmi, nelle regole e nei comportamenti – in coerenza con il bene superiore costituito dal servizio alla persona e alla collettività. Ci sono altri due passaggi della lettera di Benedetto XVI che “parlano” al CSI. Il primo riguarda la necessità di trovare nell’opera educativa il giusto equilibrio tra libertà e disciplina: senza regole di comportamento e di vita non si forma il carattere, ma l’educatore deve, in questo quadro, accettare anche “il rischio della libertà”. Il secondo punto riguarda la necessità di essere, attraverso l’opera educativa, generatori di speranza. Sono concetti che il CSI ha posto a fondamento del suo progetto culturale e sportivo: sentire che il Pontefice ci sprona in tale direzione non può che confortarci a fare di più e meglio.