Progetto etico nel calcio, occasione da non fallire
Nei giorni scorsi un autorevole quotidiano, scrivendo del “Progetto Soccer” che CSI e Ancona Calcio hanno in fase di sperimentazione, è incorso in alcune inesattezze che hanno bisogno di una puntualizzazione. Anzitutto il progetto non ha nulla a che vedere con il Vaticano o con la Conferenza Episcopale Italiana. È un’iniziativa autonoma del CSI, nata all’indomani di Calciopoli. Il Centro Sportivo Italiano non detiene «azioni» della società AC Ancona e non ha alcuna funzione di agenzia di marketing per il procacciamento degli sponsor. Né, tanto meno, ha mai pensato di poter cambiare il sistema calcio italiano con un colpo di bacchetta magica, assumendo rispetto allo sport di vertice una posizione “arrogante” da «ora vi faccio vedere io come si fa». Abbiamo sempre pensato che lo sport di vertice e lo sport di base siano mondi diversi quanto ad obiettivi e attività, bisognosi però l’uno dell’altro per potersi rigenerare. Lo sport di base ha bisogno della visibilità e della popolarità dello sport di vertice per accostare i ragazzi; lo sport di vertice ha bisogno dello sport di base per recuperare senso e stili di vita «riumanizzati». Il “Progetto Soccer” si nutre di tali presupposti, ma non esprime teorie prefabbricate né detta azioni predefinite: è piuttosto un percorso di individuazione e sperimentazione di vie possibili, cosa che richiede tempo e molta pazienza. L’AC Ancona ne è consapevole, avendo fissato in un triennio il tempo necessario a concretizzare il progetto. Ritardi e punti di vista differenti sono da mettere in preventivo, senza che con ciò si debba parlare di imposizioni e di aule dei tribunali. Il CSI sa benissimo che i problemi di gestione di un club di calcio professionistico sono enormi e complessi e che nella loro urgenza sono certamente prioritari rispetto ad eventuali azioni di carattere sociale come quelle previste dal “Progetto Soccer”. Il quale, nell’ottica CSI, è e resta un progetto educativo, inteso a fornire ai giovani modelli di vita positivi, per aiutarli a sviluppare una cultura costruttiva dello sport, per far compiere loro il salto di qualità trasformandoli da semplici tifosi in sportivi praticanti che sono anche tifosi, e che come tifosi rifiutano qualsiasi forma di teppismo e di sopraffazione dell’avversario. Bisogna lavoraci sopra, discuterne. Ci vuole concordia e buon senso. Far arenare il Progetto su questioni tutto sommato secondarie non risponde certamente agli interessi reali del Csi e tanto meno a quelli delle platee giovanili.