Campagna elettorale: tanti spot, niente sport
Ormai è fatta. I nostri vescovi e tutti coloro che desiderano un paese meno cinico e più giusto, possono dormire sonni tranquilli. A rimettere a posto l’Italia, a difendere i grandi valori - la vita, la famiglia, l’educazione - e ad eliminare ogni forma di povertà e di ingiustizia ci penserà la politica nella prossima legislatura. Questo è quanto dovremmo credere osservando l’attuale campagna elettorale, in cui tutti i candidati premier fanno a gara per proclamarsi grandi difensori dei valori umani, sociali e, qualcuno, anche dei valori cristiani. Potremmo crederci, se non fosse che questo tipo di "musica" è fin troppo nota a noi italiani. Ora i candidati sono tutti lì, a parlare dei massimi sistemi, promettendo cambiamenti epocali in cambio dei voti, ma domani, dopo il 14 aprile, chi di loro se ne ricorderà? Come fidarsi di questa politica diventata show, quasi un’unica lunga sequenza di spot pubblicitari, con quella incredibile passerella di personaggi rubati al mondo dello spettacolo e dell’imprenditoria e sbalzati nella politica, come se fare politica fosse questione da improvvisare e non un modo serio di servire il paese? Mi sentirei più tranquillo se invece di parlare genericamente di difesa dei valori - i quali più che essere difesi hanno bisogno di essere testimoniati - gli aspiranti a un seggio in Parlamento si presentassero ai cittadini con progetti seri e convincenti per risolvere almeno qualcuna delle molte emergenze che ingessano l’Italia: da quella educativa a quella economica, dal precariato giovanile agli sprechi di risorse nel pubblico settore. Un’intenzione sincera di modernizzare il paese non dovrebbe prescindere da un progetto per dare spazio e responsabilità alle energie giovani, ora tenute ostinatamente fuori dalla porta in ogni ambito, dalla politica allo sport. Già, perché l’istituto che meglio funziona da noi è quello della "conservazione", più forte di ogni tensione al cambiamento, all’innovazione, alla risposta immediata ai problemi reali. Lo sport non fa eccezione. È quantomeno preoccupante che, a campagna elettorale in fase avanzata, nessuno abbia spiegato cosa si intende fare dello sport di cittadinanza, se e come si vuole portare a compimento la riforma del settore sportivo, se vi sarà ancora spazio per quel Ministero per le politiche giovanili e le attività sportive che è stato forse la più felice intuizione della legislatura uscente. Dimenticanza, disinteresse, voglia di conservazione: quale ipotesi sia peggiore è difficile a dirsi.