Arabi, ebrei e cristiani insieme, accomunati dal desiderio di spendersi, fianco a fianco, a favore della pace.
Arabi, ebrei e cristiani insieme, accomunati dal desiderio di spendersi, fianco a fianco, a favore della pace: una circostanza, questa, che già sarebbe difficile a concretizzarsi in una delle nostre piazze, ma diventa “miracolosa” se il luogo in cui si verifica è proprio la tormentata Terra Santa. Un miracolo diventato attualità anche quest’anno, con la maratona della pace Betlemme-Gerusalemme di ieri, parte del pellegrinaggio «Gli sportivi ambasciatori di Pace in Terra Santa», organizzato per il quinto anno consecutivo dal CSI, questa volta in collaborazione con l’Opera Romana Pellegrinaggi e l’Ufficio Chiesa e Sport del Pontificio Consiglio per i Laici. Un seme piccolo gettato nel cuore degli uomini di buona volontà, che ora comincia a portare i suoi frutti visibili, con locandine dell’evento appese ovunque bene in evidenza, anche sui taxi, e la gente che le indica sorridendo, mostrando di sapere bene di cosa si tratti. «Di questa maratona Gerusalemme ormai non saprebbe più fare a meno», ha detto ieri il custode dei Luoghi Santi». Un’affermazione rispecchiata dai 500 ragazzi impegnati nella corsa e soprattutto dalle migliaia di persone assiepate sul tracciato ad applaudire il passaggio della fiaccola simbolo della corsa. Un’attenzione e un entusiasmo che già avevano accompagnato la fiaccola nel viaggio da Roma a Gerusalemme, 6.000 km attraverso 11 nazioni, tra cui Slovenia, Albania, Turchia, Grecia, Siria, Libano, a servire l’idea del dialogo interreligioso, generando incontri con le autorità cristiane, ortodosse e musulmane di quei luoghi. Come non pensare a quell’altra fiaccola sportiva, quella olimpica, in viaggio verso Pechino tra ripetute contestazioni e proteste? La differenza, bisogna credere, è nell’attualità, nell’urgenza degli ideali che al viaggiare dell’una e dell’altra si attribuiscono. Evidentemente i riti di Olimpia, nonostante il clamore pubblicitario che li accompagna, o forse anche per questo, non sono più avvertiti come affermazione di valori importanti, universali, che lo sport affida al mondo. Lo sport - ci dice la maratona di Terra Santa - può ancora pretendere di servire la pace, ma per riuscirci deve ritrovare motivazioni genuine, riscoprendo con sincerità e semplicità la strada che conduce nel profondo dell’essere umano.