Li ho incontrati pochi giorni fa alle finali nazionali degli sport di squadra CSI: don Lorenzo, un campano di Sessa Aurunca, don Bruno di Mantova e don Mario di Cremona.
Li ho incontrati pochi giorni fa alle finali nazionali degli sport di squadra CSI: don Lorenzo, un campano di Sessa Aurunca, don Bruno di Mantova e don Mario di Cremona. Camuffati tra un migliaio di dirigenti e atleti hanno vissuto insieme ai loro ragazzi quattro giorni di finali sportive, calandosi nel ruolo di allenatore o di accompagnatore. Hanno preso la propria automobile, percorso fino a 1600 chilometri con le squadre per poi sedersi in panchina a dare consigli e incoraggiamento. È rimasto a casa, invece, don Mimmo, impegnato nel mandare avanti a Piacenza un «campo sportivo» che, unendo la tradizione cattolica dei campi scuola con le settimane di avviamento allo sport dei grandi club calcistici, promuove formazione ed educazione con linguaggio sportivo. Non sono che pochi esempi: nascoste sotto la voce «pastorale ordinaria», nel Centro Sportivo Italiano si consumano migliaia di esperienze sportive estive negli oratori e nelle parrocchie. Qualcuno riproduce in piccolo il villaggio olimpico con gare molto competitive, cronometristi e sport di squadra, altri si divertono a rielaborare le regole degli sport tradizionali. Qualche altro pretaccio - così Candido Cannavò ha definito i suoi amici don operanti nella frontiera dell’emarginazione - si è inventato un Grest all’insegna dell’insieme si vince, dove tutto diventa festa, con inni nazionali, bandiere e discipline olimpiche. Altri don osano le “Olimpiadi umoristiche”, fatte con parodie di specialità sportive: dal salto con la pasta, all’hockey con le scope, passando per il fioretto artistico fatto da disegni con pennelli lunghi due metri. Altri pretacci, ancora più audaci, puntano all’ironico vocazionale: caccia al seminarista, tour nella chiesa, salto del confessionale… e la mitica staffetta 8 x 1000. Sarebbe molto bello premiare questi pretacci sportivi con la medaglia d’oro al valore educativo: perché sono educatori e testimoni nel servizio, nel sacrificio, nella rinuncia a sé, nella fantasia, nell’evangelizzazione. A Pechino i nostri atleti olimpionici godranno di un ritocco al premiomedaglia: per l’oro il premio passa da 130mila a 140mila euro, per l’argento da 65 a 75mila, per il bronzo da 40 a 50mila. A questi pretacci, veri olimpionici nell’educare, negli ultimi cinque anni non è cresciuto lo stipendio neppure di un punto CEI. Eppure loro continuano a lavorare e seminare valori con passione e generosità. Vuoi vedere che chi ha fede ha davvero una marcia in più? Nello sport come nella vita…