-IL PUNTO- Bravo Platini, i piccoli atleti non si vendono
Bravo Michel. Il grande Platini nei giorni scorsi ci ha regalato una dichiarazione degna delle sue migliori giocate a centrocampo: «D’ora in poi sarà vietato, anche nel calcio professionistico, vendere i ragazzi al di sotto dei 18 anni. Che senso ha che un ragazzo che è nato e cresciuto a Lione vada a giocare a 15 anni a Madrid lasciando tutto, famiglia, amici… I vivai servono per far migliorare e giocare i giovani, non per venderli alla prima occasione». Il problema è che nel mondo del calcio professionistico a dettar legge non è il buon senso, ma il business a tutti i costi. Perciò, se potessi, caro Platini, ti assegnerei subito il Discobolo d’Oro del CSI. Lo farei a condizione di chiederti di non fermarti ad una bella dichiarazione, ma di andare avanti con determinazione, sino a far diventare norma regolamentare per i club professionistici la tutela dei minori. Sarei anche tentato di scriverti. Vorrei dirti che a fare il tifo per te sono decine di migliaia di allenatori e dirigenti delle società sportive di quartiere, di paese, di periferia della nostra Italia. Si tratta di persone che hanno un lavoro, una famiglia. E che con una passione infinita, da volontari (senza ricevere un centesimo) dedicano una parte significativa della loro esistenza a stare sul campo per educare i ragazzi alla vita. Lo fanno non per vendere i loro ragazzi , ma per aiutarli a crescere. Pensa che da noi non esiste nemmeno il "vincolo" del cartellino: a fine stagione ciascuno degli oltre 800 mila tesserati del CSI è libero di cambiare società e di andare a giocare dove vuole. Non solo. Troviamo semplicemente assurdo e incostituzionale che un minore possa essere di "proprietà" di una società sportiva e che esistano "mercatini" di compravendita dei ragazzi non solo tra Real Madrid e Liverpool, ma anche tra realtà che militano in campionati dilettantistici. Ti dico queste cose, caro Michel, perché sin da bambino hai sempre vissuto nei club professionistici e magari non conosci bene realtà come la nostra, fatta di un immenso popolo di educatori innamorati dei ragazzi e dello sport. Ti dico anche "Grazie" perché a volte ci sentiamo soli, incompresi. Sentiamo il peso del portare avanti battaglie educative contro un sistema sportivo che sembra pensare solo ai soldi e ai risultati. Sapere che il presidente dell’Uefa è dalla nostra parte ci regala forza e entusiasmo. Ci aiuta a sperare che un giorno - almeno nei settori giovanili - tutto lo sport sarà al servizio della persona umana e non il contrario. Forza Michel.